L’arte è l’emissione o creazione spontanea di un individuo risonante con gli elementi che utilizza per realizzare tale creazione, con l’idea, e con lo spazio che lo circonda. La misura dell’arte è l’esecuzione: essa è l’intensità, che traspare nel gesto, di questa risonanza.
.
Ogni tentativo di far aderire l’arte a qualsiasi contesto dettato dalle mode commerciali del mercato non risulterebbe sicuramente vano per alcuni scopi d’entità economica, tuttavia sarebbe illusorio, in quanto inutile visto che l’essenza dell’arte nasce libera. Anche nei nuovi metodi di produzione artistica, in cui la realizzazione non include necessariamente una realistica esecuzione (cioè l’intensità della relazione tra esecutore e strumento), l’arte nasce libera.
Questa vibrazione risuona con le attività elettromagnetiche delle molecole che compongono la materia e gli esseri viventi, e in essa si manifesta l’impulso creativo, ossia in essenza la presa di coscienza della risonanza naturale di un’idea. In termini ideali, se isoliamo l’arte da qualsiasi contesto a cui oggi si cerca di farla aderire, si evince che ne rimane solo la sua essenza strutturale e impulso primo: la vibrazione.
La conseguenza naturale della vibrazione è di aggregare e unire singoli individui in quanto risonanti fra loro, se non vibranti all’unisono, poiché essa risuona e si espande nello spazio. Come nella biochimica: quando un campo elettromagnetico risuona in un determinato spazio ed oscilla a una certa frequenza, è capace di attirare a sé quelle molecole aventi la medesima oscillazione, o simile.
Si tratta, oltre a essere una dinamica naturale dell’espressione artistica, dell’unica vera causalità dell’arte: in una collettività ideale, l’artista riflette naturalmente la vibrazione che intende e sente provenire dall’interno della collettività. Così egli, attraverso l’opera, enfatizza le forze e critica le debolezze di tale collettività, permettendo a quest’ultima di osservare e sentire lo stato della propria esistenza sensibile.
In questo senso anche l’arte attuale non disattende questo scopo: seppur ormai veicolata dall’iperspazio del mercato mediatico di massa, l’arte moderna potrebbe essere appunto intesa come un’intima richiesta d’introspezione da parte degli autori verso la collettività.
Tuttavia nelle società di mercato moderno, in cui ogni aspetto dell’esistenza vivente ha assunto il ruolo di merce interscambiabile, arte compresa, questa dinamica naturale di risonanza è stata separata da un medium che prima annulla e poi ristabilisce la relazione tra le opere d’arte e la loro ridondanza culturale. Quindi, la valutazione inesatta di tale relazione consiste nel considerare la collettività responsabile nel gradire e richiedere i prodotti promossi dal medium, il mercato, che tenderà a colmare tale richiesta. Così si conferma plasticamente la fine storica dell’artista: al momento della creazione dell’opera, infatti, egli non necessariamente si riflette nell’immediato con la collettività.
Nella logica mercatista, l’arte diviene una sorta di proposta forzata dallo spettacolo, poiché l’introduzione del mercato in tale essenziale relazione ingenera un’inversione di ruoli. Laddove non è più la collettività che si riconosce in un’opera insieme a cui entra in risonanza, bensì essa risuona insieme all’opera per il solo fatto di esserne sommersa dal medium con ogni possibile aspetto spettacolare. Attraverso la spettacolarizzazione dell’opera, il mercato impone per proporre e propone per imporre. Pertanto, la risonanza dell’opera con la collettività risulta falsata: il mercato veicola un’opera solo in seguito alla realizzazione, in certi casi ad hoc, di tale opera legando in questo modo anche il processo creativo alle tendenze del mercato medesimo.
Eppure, è bene ribadire che la totalità delle creazioni artistiche sono inevitabilmente la testimonianza di un’epoca, di una cultura, di una collettività e di un’idea. Anche solo per il fatto che un’idea sia stata realizzata artisticamente, essa permane agli atti come testimonianza storica rivolta alle generazioni a venire. Questa funzione, intrinseca e inevitabile, esclude l’arte dalla caducità propria di qualsiasi tendenza di mercato.
Graziano Incardona