Tutti abbiamo negli occhi le drammatiche immagini del gennaio 2012, quando quella importante nave da crociera si incagliò sugli scogli dell’isola del Giglio, coricandosi su un fianco e portando con sé molte vite. Immagini umilianti, che sono state fin troppo strumentalizzate.
Quel colpevole incidente è diventato simbolo del naufragio di una intera nazione, metafora del collasso economico che ormai è arrivato.
Ora stanno per portarla via (la nave), e società straniere stanno già litigandosi i pregiati resti.
Sono società straniere anche quelle che stanno per acquisire a prezzi di saldo società vitali per l’indipendenza nazionale come ENEL, ENI, Telecom, Finmeccanica. Energia, comunicazioni, cantieristica e addirittura armamenti. Il controllo di questi assets strategici è così importante che porta spesso alle guerre. Noi invece le regaliamo… Perché i nostri politici non ci proteggono? Per cosa mai li paghiamo se non per difendere la libertà e la democrazia, che si mantengono solo con l’indipendenza? Perché lasciarci distruggere?
La via d’uscita c’è, ma nessuno è autorizzato a parlarne. Non i media a grande diffusione.
Tutti i politici e i giornalisti sono schierati compatti a favore delle assurde misure di austerità che stanno uccidendo tutte le economie in crisi. Fior di economisti, nobel, dirigenti del FMI ci avvertono che le manovre pro-cicliche (ovvero quelle che chiedono sacrifici nei momenti di crisi) uccidono l’economia. E gli effetti si vedono: consumi fermi, PIL in picchiata. E allora cosa ci rimane da fare?
La soluzione è in quel nome.
Da metafora del naufragio economico a nemesi, giustizia riparatrice.
Alcuni di noi sanno benissimo cosa bisognerebbe fare, riprendersi la sovranità: monetaria, economica, democratica.
Uscire dai trattati imposti dall’UE, trappola epocale, proprietà dei banchieri e non dei cittadini.
Ma la maggior parte degli italiani non lo sa, non lo vuole sapere, preferisce tirare a campare in “pace”. Neppure sa cosa c’è scritto in quei trattati, nemmeno in grandi linee. Non conosce il significato di parole come MES, Fiscal Compact, accordi sottoscritti dal nostro Parlamento nel silenzio e nella disinformazione più totale, dato che quasi nessuno sa di che si tratta, ovvero di imposizioni dittatoriali che nulla hanno a che fare con le normali regole democratiche a cui siamo abituati.
Parole che sono già legge e cambieranno – in peggio – la vita nostra e dei nostri figli!
E chi invece sa, chi se ne rende conto, vorrebbe essere l’unico depositario della soluzione finale, creando fazioni quando spesso il fine è uguale, perdendosi dietro personalismi, distruggendo di fatto così, nelle diatribe tra simili, le uniche speranze di liberazione da queste assurde catene che porteranno il nostro Paese alla rovina.
Dobbiamo unirci invece, e ricominciare da capo. Solo uniti potremo farcela.
Ci vuole, appunto, Concordia.
Cesare Fabio Greco