“Due giorni, una notte”. Un film del 2014 di Luc Dardenne e Jean-Pierre Dardenne. Con Marion Cotillard, Fabrizio Rongione, Pili Groyne, Simon Caudry, Catherine Salée.
QUANDO IL CINEMA INCONTRA LA REALTÀ
“È normale, al loro posto accetterei anche io”. Sandra lo ripete più volte, anche al marito che la sostiene incondizionatamente.
Vaga per la cittadina belga di Seraing (dove i fratelli Dardenne hanno ambientato tutti i loro film), è in campagna elettorale per il referendum.
Va di porta in porta, secondo programma. Un’altalena sconvolgente di emozioni, tra disperazione e speranza, tra calore umano e avidità, tra egoismo e solidarietà.
Due figli piccoli, il marito commesso in una tavola calda. Ne va del loro futuro, anche perché altrimenti dovrebbero “tornare ad abitare in una casa popolare”.
Il titolare dell’impresa ha da tempo riorganizzato senza di lei, assente per malattia. Adesso è rientrata, sta meglio. Il suo destino è però di nuovo in bilico, nelle mani dei colleghi. Il padrone darà mille euro di bonus a testa, sta a loro decidere.
Decidere se Sandra dovrà essere licenziata. In tal caso, vinceranno il jolly una tantum, sulla pelle della compagna di lavoro. È proprio questa la presunta “normalità”. Anaffettiva e feroce. “Non esisto, non sono nessuno”, ripete sconsolata.
E ha ragione. Incontrare i colleghi è una via crucis, anche violenta. I più sembrano impegnati in un secondo lavoro. L’incentivo servirà a tenere il ritmo con le rate, le tasse universitarie dei figli, le piccole ristrutturazioni domestiche, mettere su famiglia dopo la separazione. Abbiamo tutti qualcosa da difendere, qualcosa che consideriamo acquisito e che non possiamo perdere. Altri fanno eco al padrone con piglio imprenditoriale: “Possiamo benissimo fare a meno di te, perché dovresti essere riassunta?”.
Come fosse trasparente agli occhi altrui, persone che pure conosce, la giovane donna vacilla. Non ha niente da offrire, se non la propria dignità. Già una prima volta hanno votato contro di lei. Il caporeparto aveva fatto sapere di sottofondo che, in ogni caso, sarebbe stato licenziato qualcuno. Ricatti e paura. Mors tua, vita mea.
È grazie a Juliette, collega e amica di Sandra, se si voterà di nuovo. La concessione arriva comunque dall’alto.
La campagna elettorale sarà di “Due giorni, una notte” (questo il titolo del film di Jean-Pierre e Luc Dardenne, 2014), giusto un fine settimana.
Sandra deve raggiungere la maggioranza, ha dalla sua solo i tre voti del primo turno. La via è impervia… è la grande crisi, bellezza! “La concorrenza asiatica” incombe, il lunedì pure. Sarà il giorno decisivo: o dentro, o fuori.
Ma come siamo arrivati a ciò? Una guerra quotidiana senza esclusione di colpi per un salario sempre più misero e una vita sempre più precaria? E’ questa la “normalità”?
Qualcosa dentro di noi, forse è successo: visibilità, consumo, ambizione e competizione spingono gli istinti della fauna, trasformano i sentimenti e le persone. Agonismo e non condivisione. È l’istinto di sopravvivenza nella giungla quotidiana, la nostra vita ormai aziendale.
Un altro piccolo grande film, “Fair Play” (di Lionel Bailliu, 2006), ci aveva fatto da specchio e già anticipava cattivi presagi di un uomo prodotto dal laboratorio della nostra epoca.
Da anni il Lavoro viene selvaggiamente deregolamentato. Risultato? Un esercito di riserva sterminato, costituito da milioni di persone senza impiego e sottoccupate, disposte a lavorare per pochi euro. Plotoni di reclute, ormai non troppo distanti dalle giraffe di Darwin.
Ecco la genesi del pellegrinaggio della nostra Sandra, trent’anni almeno d’illusioni infrante di schianto da una realtà spietata, che macina vittime e sforna carnefici.
Una collettività che si è come frantumata e smarrita. Anzi, che si è trasformata in una polveriera sociale: dipendenti contro professionisti e medi imprenditori; commercianti, medi imprenditori e professionisti contro dipendenti; precari contro stabili, stabili contro precari, precari e stabili contro pensionati, giovani contro anziani. Dulcis in fundo: tutti quanti contro gli immigrati.
Sandra prosegue la campagna elettorale con la tranquillità di un sismografo in tempi di spasmi terrestri, ma trova anche amicizia e vicinanza. L’individuo è un essere sociale, sempre pronto a risorgere e a stravolgere il proprio cammino.
Passano le ore, si sfiora la tragedia, s’intravede la vittoria. La giovane donna si troverà prestissimo di fronte ad un bivio, che è già anche nostro: rassegnarsi ad essere merce, o prendere definitivamente coscienza individuale – e poi collettiva – che non è affatto “normale” che il denaro possa calpestare la dignità, la vita delle persone, arrivando persino a modificarne l’umanità.
“Due giorni, una notte” ha partecipato alla 67ª edizione del Festival di Cannes, e ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali. Marion Cotillard (Sandra), per la sua splendida interpretazione, ha avuto la Nomination all’Oscar come migliore attrice e ha vinto lo European Film Award.
I grandi film hanno un valore inestimabile, per il contributo alla riflessione e al sentimento. Alla bellezza della vita, nonostante tutto.
Jacopo Brogi