«Le avventure di Pinocchio» di Attalo, Verdini e Barbara

«Le avventure di Pinocchio»

di

Attalo, Verdini e Barbara

 

 

Testi di

Silvia PompeiMario VergerStefano Galeone

 

Le avventure di Pinocchio di Attalo, Verdini e Barbara

 

Prefazione di Silvia Pompei

 

«Caro Mario,

so che ti occupi da anni con fervore del Pinocchio di Attalo, Verdini e Barbara.

Accolgo quindi con gioia il tuo invito a dedicare un mio pensiero al prezioso scritto di Stefano Galeone sull’argomento – frutto di ricerca appassionata e rigorosa – nella speranza che prima o poi torni alla luce il materiale “perduto”.

La passione dei cartoni animati l’ho sempre avuta fin da piccolissima. Ricordo quindi l’emozione, quando papà e mamma mi raccontarono che il mio adorato, pur se mai conosciuto nonno e illustre scenografo Mario Pompei, aveva creato i “set” per il nostro protagonista burattino/bimbo. Se il film fosse arrivato sugli schermi, nel lontano 1935, avremmo visto Pinocchio scorrazzare in un Paese dei Balocchi, firmato “Pompei”.

Lo spirito di nonno ce l’ho nel sangue e da ragazza riuscii a realizzare il mio sogno di lavorare nei cartoni animati. Volai a Londra  a lavorare a Chi ha incastrato Roger Rabbit?  per Richard Williams e per Spielberg, per cui continuai a disegnare per Fievel Conquista il West. Approdai infine in America a Los Angeles, ai Simpsons, dove sono a tutt’oggi animatrice dei personaggi, disegnati a mano.

Adesso il sogno sarebbe di poter ritrovare un giorno il nostro primo e originale Pinocchio, perché possa essere finalmente visto e apprezzato in Italia e nel mondo.

Un abbraccio da Los Angeles,

 

Silvia Pompei».[1]

 

David Silverman con Silvia Pompei, animatrice italiana presso gli studi di Los Angeles della Fox. – © MATT GROENING – THE SIMPSONS TM& © 2017 Twentieth Century Fox Film Corporation. All rights reserved

 

 

Il Pinocchio incompiuto 

 

Introduzione di Mario Verger

 

Un ventennio fa all’Anica, per conto dell’Associazione Tecnici Industrie Cinematografiche, redassi un articolo sul lungometraggio incompiuto del 1935 intitolato Le avventure di Pinocchio [2], realizzato alla CAIR dai nostri umoristi Attalo, Verdini e Barbara. Esso conteneva anche alcune dichiarazioni, del tutto inedite fino a quel momento, relative a un’intervista che il sottoscritto condusse a Mameli Barbara, in seguito, edulcorata e tradotta su internet in diverse lingue.

Ma già da bambino conoscevo La Filastrocca di Pinocchio di Raoul Verdini, di cui sapevo che, a distanza di quarant’anni avanti dal lungometraggio d’animazione incompiuto, aveva illustrato anche i versi in rima dello scrittore Gianni Rodari. Raoul Verdini (che italianizzò il suo nome in Raul), il quale conoscevo anche per le tavole su MIAO realizzate col suo stile antico e pulitamente garbato, abitava non lontano da casa sopra le Mura Vaticane, oltre Jacovitti.

In adolescenza, il Pinocchio di Verdini, Attalo e Barbara, tornò nuovamente ad appassionarmi ed andai alla Biblioteca Nazionale di Roma a ricercare sui vecchi testi di animazione notizie a riguardo.

Mi appassionò soprattutto la Storia del cartone animato [3] di Enrico Gianieri, caricaturista di fama che si firmava sotto lo pseudonimo di GEC, nel quale finalmente trovai moltissime informazioni e illustrazioni sul Pinocchio scomparso.

Inoltre, visionai A…come animazione [4] di Mario Pintus, un libro ormai introvabile del 1975 nel quale il critico cinematografico sassarese riprendeva le osservazioni ampliate sul Pinocchio di Attalo, Verdini e Barbara.

Lessi anche Walter Alberti, conservatore della Cineteca di Milano, il quale scrisse Il cinema di animazione [5], un testo risalente al lontano 1956 che accennava alla tecnica dell’animazione de Le avventure di Pinocchio.

E la validissima Piccola storia del disegno animato italiano [6] di Ermanno Comuzio, nella quale il critico cinematografico e musicale bergamasco evidenziava che il Pinocchio non raggiunse mai gli schermi cinematografici italiani.

Come ancora, Disegni e pupazzi animati di ieri e di oggi [7], I disegni animati [8], Ombre italiane [9], e L’Italia di cartone [10], di Piero Zanotto e Fiorello Zangrando, nei quali i due giornalisti veneti raccontavano vari aneddoti del Pinocchio incompiuto.

Ma soprattutto, Topolino e poi [11], la prima versione della storia del cinema di animazione mondiale scritta dal celebre studioso ravennate Giannalberto Bendazzi, nella quale veniva fornita una versione più esauriente riguardo il lungometraggio su Pinocchio della CAIR, pubblicando anche per primo una foto del regista Romolo Bacchini.

Un ventennio avanti alle mie ricerche, un compositore di colonne sonore cinematografiche, il modenese Stefano Galeone, che da anni si è appassionato al film di Attalo, Barbara e Verdini, è stato l’unico fin oggi ad aver compiuto lo studio più completo sinora mai realizzato su Le avventure di Pinocchio di Romolo Bacchini.

Le avventure di Pinocchio — Prod. CAIR

Prima di presentare questa raccolta di scritti, di cui Stefano Galeone mi ha chiesto un’introduzione al suo testo, desideriamo pubblicare un articolo apparso sul quotidiano La Stampa risalente al 1935, nella rubrica CINE — STAMPA a firma del giornalista e fotografo Gastone Bosio, intitolato, Pinocchio sullo schermo:

 

«Pinocchio sullo schermo. Si è costituita una Casa Editrice italiana per disegni animati – 110.000 disegni per un film di 2000 metri che rievocherà le avventure di Pinocchio.

Roma, 11 notte. Oggi dunque narreremo del caso, non certo pietoso, capitato al nostro amico Barbara. Da un anno circa, il lettore fedele avrà più volte visto i suoi schizzi su questa pagina; Barbara ci segue spesso e volentieri con carta e matita nei nostri vagabondaggi per i cantieri romani: macchine da presa, microfoni e proiettori sono divenuti per lui ormai oggetti familiari tante sono le volte che ha dovuto ritrarli. Finora non s’era manifestato nel nostro amico nessun sintomo di morbo cineastico. Ma ieri sera, mentre uscivamo dagli studi della Cines dove avevamo assistito ad una interessante ripresa di Casta Diva, eccoti clic, appena salito in macchina, con una certa aria di mistero e un pizzico di titubanza — come il giovinetto che mostra all’amico influente il primo copione — estrae da una busta due foto e ce le porge. Le guardiamo, sono gli ingrandimenti di due fotogrammi, ma di due fotogrammi di un disegno animato. Guardiamo meglio: la bottega di un falegname, un vecchietto che sta lavorando attorno ad un burattino, ma quel naso del burattino è un po’ troppo lungo e quel suo profilo fin dai tempi non troppo lontani della nostra tenera età ci sono ben noti: ma naturale! è Pinocchio e il vecchio falegname è il caro e buon mastro Geppetto. Così il mistero viene presto spiegato. Da venti giorni, in gran segretezza, si sta girando a Roma per conto di una nuova Casa Le avventure di Pinocchio. Circa quattro anni fa all’inaugurazione della Caesar-Film rinnovata, l’onorevole Barattolo aveva annunziato un Pinocchio da girarsi con attori in carne e ossa, ma con costumi e ambienti sapientemente stilizzati. L’idea era ottima. La sceneggiatura dovuta, se non erriamo, a Febo Mari ci dissero che era piena di gustose trovate. Gran parte degli attori erano stati scelti, Mario Pompei aveva disegnato le scene, i mobili ed i costumi, il tutto veramente con molto buon gusto e sapore. Anzi il giorno dell’inaugurazione degli stabilimenti in un teatro trovammo alcuni ambienti già montati, ma poi, come capitò spesso a questa Casa, tutto andò a monte e gli ambienti montati servirono, convenientemente truccati, ad Amleto Palermi per girare alcuni quadri del primo film di Emma Gramatica: La vecchia signora! E l’anno scorso una Casa nientepopodimeno giapponese, pensò di girare un film su Pinocchio: pare che oggi questa pellicola sia stata ultimata ma non essendosi la Casa messa preventivamente d’accordo per la cessione dei diritti d’autore del libro, nè avendo voluto ora acquistarli, il film è stato giustamente fermato.

Cosi i diritti d’autore per tutto il mondo delle avventure di questo celebre burattino dovuto alla fantasia del toscano Carlo Lorenzini, ben più noto certo sotto il pseudonimo di Collodi, sono stati ora comprati dalla C.A.I.R. (Cartoni Animati Italiani Roma), che sarà la casa produttrice di questo disegno animato di Pinocchio. Barbara ci conduce stamane a visitar questo nuovo stabilimento. Entriamo in un vecchio portone di una viuzza accanto all’Università, quel portone da cui si entra anche per salire al loggione del Teatro Valle. Al terzo o al quarto piano ci fermiamo davanti ad una porta con tanto di CAIR scritto ben chiaro su una lucida targa.

Entriamo. Tre vaste stanze, tavoli, fogli di carta da disegno, fogli di celluloide, una mezza dozzina di disegnatori intenti a ritoccare sui fogli di celluloide i disegni sono al lavoro. Alle pareti grandi disegni di Pinocchio, di mastro Geppetto e mastro Ciliegia, del terribile e panciuto gendarme e della dolce e liliale Fata.

Conosciamo il produttore, Romolo Bacchini, che assieme al figlio Carlo sono anche i direttori e operatori di questo film. Il Bacchini padre ci dice infatti:

— Sono un vecchio «cinematografaro», come ci chiamavano a Roma trent’anni fa quando incominciai ad occuparmi di cinematografo alla vecchia Cines con Alberini. Il tempo è passato, ma la passione è rimasta. Così con la collaborazione di mio figlio da tempo mi occupo del problema dei cartoni animati. Ho fatto vari esperimenti, ma credo di essere oggi sulla buona strada. Fino ad ora abbiamo girato due cartoni animati [12] lunghi circa 300 metri, s’intitolano: Dalla terra alla luna e La morte ubriaca.  In Italia non sono ancora usciti, ma li abbiamo già venduti all’estero dove sono stati bene accolti e giudicati. Ora ci siamo accinti ad un’opera veramente grandiosa e difficile: si tratta, come sapete, di portare sullo schermo Le avventure di Pinocchio in un film di disegni animati della lunghezza di oltre 2000 metri: un film insomma di normale programmazione, tale da formare spettacolo a sé. Le avventure di questo burattino di Collodi, pur essendo di un sapore prettamente italiano, sono ormai note in tutto il mondo, non per nulla il libro è stato, e sempre con successo, tradotto in trenta lingue circa. E ad animare questo burattino ed i suoi compagni il Bacchini ha chiamato una giovane triade di disegnatori del Marc’Aurelio:  Barbara, Verdini e Attalo. Mentre il compito di Attalo è quello di ideare gli ambienti dove man mano si svolgono le varie scene, il compito di Barbara e Verdini consiste in quello capitale, per la produzione di un cartone animato, di disegnare i vari personaggi e, quello che è più difficile ancora, di realizzare graficamente i vari loro movimenti. Il tentativo è senza dubbio interessante, e la passione del produttore e la buona volontà e l’abilità di questi tre disegnatori, a cui certo non dovrebbe mancare quella giusta sensibilità umoristica, danno bene a sperare.

Il lavoro è immenso. Bisognerà fare, circa 110.000 disegni. Calcolando una media di 300 disegni al giorno, occorrerà al minimo un anno. E infatti, tra sincronizzazione e montaggio si prevede che Pinocchio sarà pronto per la programmazione in tutto il mondo verso l’autunno del 1936. La musica sarà scritta, pare, dal maestro Umberto Giordano, Accademico d’Italia. Il costo complessivo del film è preventivato in un milione di lire italiane. Il dialogo è stato ridotto al minimo, essendo l’azione mimica sapientemente sottolineata dalla musica e dai rumori più che sufficenti alla comprensione dell’azione.

A pochi giorni di distanza dalla visita del nuovo laboratorio per cartoni animati dell’Istituto Nazionale LUCE, veniamo a scoprire un secondo. La buona volontà dunque non manca agli italiani; auguriamoci solo che queste ottime intenzioni siano presto coronate da un meritato successo, e quel petulante naso di Pinocchio sia di buon augurio a questa nuova Casa e al tempo stesso l’ammirato pioniere del cartone animato italiano sugli schermi di tutto il mondo.

Gastone Bosio». [13]

Le avventure di Pinocchio

E, infine, per la prima volta agli appassionati di tutto il mondo riportiamo il testo integrale dell’intervista, rilasciata esclusivamente al sottoscritto nel 1992, riguardo al mio primo e unico incontro con l’anziano cartoonist de Le avventure di Pinocchio Mameli Barbara, già pubblicato nel capitolo sui pionieri del cinema d’animazione italiano nel volume della mia cinebiografia animata, intitolato, MARIO VERGER – An Italian Original, con l’introduzione di Luca Raffaelli:

Nel presente volume scrissi: 

Ma, tornando ai pionieri dell’animazione italiana, durante il periodo di quando lavoravo appena ventenne alla Corona Cinematografica col produttore Elio Gagliardo, conobbi Mameli Barbara, il quale fu gentilissimo nei miei riguardi invitandomi a casa sua per parlare del Pinocchio incompiuto risalente al lontano 1936. Egli abitava lungo Viale delle Province e andai a trovarlo in un caldo pomeriggio di giugno del 1992. Nel 1935, infatti, tre fra i più affermati umoristi del periodico Marc’Aurelio, quali, Attalo (pseudonimo di Gioachino Colizzi), Mameli Barbara e Raoul Verdini, intrapresero un film a lungometraggio, Le avventure di Pinocchio, che rimase poi incompiuto, non raggiungendo mai gli schermi cinematografici. La regia venne affidata al maestro di musica Romolo Bachini (Bacchini), cui si dovevano le prime musiche della Cines. Le scenografie erano eseguite dal noto scenografo Mario Pompei, già attivo da molto tempo col “Teatro dei Piccoli” di Vittorio Podrecca.

Barbara mi fece accomodare nella sua stanza di lavoro. Ormai ottuagenario, l’anziano cartoonist se ne stava seduto accanto al suo tavolo di legno inclinato, mostrandomi l’intera stanza sommersa, oltre che da un’infinità di disegni, schizzi, quadri ecc., anche da libri d’ogni genere, soprattutto la collezione dei classici della BUR. Ne prese poi uno molto grande, elegantemente rilegato, che raccoglieva le diverse annate del Marc’Aurelio con le splendide copertine da lui dipinte. Mameli Barbara era una persona estremamente simpatica, giunto ad un’età ormai avanzata, suggeriva una certa tenerezza: dovevo alzare molto la voce per parlare con lui; ricordo che aveva un grosso “corno” che metteva vicino all’orecchio per riuscire a sentire le mie parole… Ma per tornare al nostro Pinocchio, Barbara mi svelò cosa realmente accadde nel 1935 durante la lavorazione del film. «Era l’epoca del cartone animato Disney», raccontò Barbara, «e il fratello dell’allora Ministro di Giustizia Alfredo Rocco (l’autore del nuovo codice civile) volle fare un film a cartoni animati e scegliemmo Pinocchio», proseguì Barbara scavando nei suoi ricordi. «Tale impresa si rivelò molto dilettantistica, poiché era priva di sceneggiatura e di altri supporti; inoltre, ognuno dei realizzatori disegnava per conto proprio senza coordinamento alcuno. Eravamo presso Piazza dei Caprettari».[15] Poi, chiedendogli di descrivermi la CAIR (Cartoni Animati Italiani Roma), ricordò, «La CAIR non era altro che una grande stanza con bagno ed ogni mattina andavo lì, leggevo un pezzo del libro e disegnavo i movimenti principali che passavo poi al figlio del regista [16] per eseguire le posizioni intermedie». Si riferiva all’animatore Carlo Bachini, che avrebbe partecipato il decennio avanti a La Rosa di Bagdad. Per quanto Barbara descrisse la CAIR come una grande stanza sita in una delle zone più caratteristiche di Roma, risulta invece, dalla ricostruzione, che in un altro piano nello stesso edificio vi fossero i collaboratori che procedevano alla colorazione e all’inchiostratura delle celluloidi. Fra gli animatori principali, Carlo Bachini, che dirigeva le scomposizioni, interpellato anni dopo, ricordava anche: come animatori Amerigo Tot e Ennio Zedda; il capocoloritura Ettore Ranalli; e le scenografie affidate a Attalo – che realizzava anche le posizioni-chiave –, e Franco Fiorenzi, entrambi sotto la direzione di Mario Pompei, già noto umorista ed affermato scenografo. Chiesi allora a Barbara quanti acetati vennero realizzati ed egli mi confermò una gran mole di lavoro, anche se ne parlava come un lavoro molto approssimativo nell’organizzazione. Mi disse inoltre che il film venne realizzato in bianco e nero, ossia disegnato e colorato su celluloide con i toni di grigio. «Vennero fatti tantissimi disegni [17] dal momento che vi lavorammo per un anno intero, ma mancava di tutto, ad esempio, i registri per sovrapporre i fogli erano costituiti da due semplici pezzi di legno. Non vi erano attrezzature ed i disegni erano ripresi uno per uno con una semplice macchina fotografica, in modo molto impreciso», mi spiegò. Chiesi a quel punto se alla fine avesse visto il film completo, dal momento che sui diversi libri dell’epoca il Pinocchio veniva reputato incompiuto; anche se sul testo Le dessin animé di Giuseppe Maria Lo Duca, il critico italo-francese affermava che l’anno dopo il Verdini, da solo, tentò di concludere il film cercando di renderlo a colori col Sistema Catalucci. Mameli Barbara era una persona molto garbata. Giornalista professionista, Barbara mi raccontò col suo erudito accento siculo di avere sin da ragazzo la passione per il latino e greco, mostrandomi la sua biblioteca con tutti i classici BUR.

Ricordo che, incalzando con le domande, dovevo alzare la voce, mentre si avvicinava aiutandosi ad ascoltare con un corno… «Non lo vidi mai completato. Ogni tanto portavano qualche minuto in pellicola, ma poiché ballava tutto, ho rinunziato a vederlo. Ad un certo punto, dopo un anno di lavoro, il film fu interrotto per mancanza di finanziamenti», disse Barbara. Infatti, esauriti i finanziamenti, la CAIR cessò la sua attività facendo rimanere la gran mole di disegni inutilizzata. Alla fine di questo straordinario incontro, Mameli Barbara, avendo capito di avere a che fare con un intenditore, volle regalarmi un suo disegno a china su cartoncino, sul quale mi fece una dedica la quale m’incoraggiò ad andare avanti nella mia carriera di cartoonist.

Disegno autografato con dedica di Mameli Barbara:

Tavola originale autografata a Mameli Barbara con dedica a Mario Verger

«Al simpatico disegnatore Mario Verger con gli auguri per il successo. BARBARA 1992»

Lo stile del Pinocchio di Attalo-Barbara-Verdini è molto semplice; pare sia stato il Verdini a darne l’impronta così delicata e pulitamente spiritosa, mentre la fata era palesemente opera di Barbara. Ma il film non riuscì mai a raggiungere gli schermi cinematografici poiché Disney, che stava mettendo in cantiere Pinocchio, acquistò i diritti letterari ed anche, pare, il negativo originale del film. Il Pinocchio di Attalo-Barbara-Verdini si troverebbe probabilmente a tutt’oggi rinchiuso negli enormi studi californiani come mi venne confermato una ventina di anni or sono dall’animatrice Silvia Pompei, nipote dello scenografo Mario e figlia dell’urbanista Stefano Pompei e della storica dell’arte Paola Pallottino (figlia dell’etruscologo Massimo Pallottino), la quale ha seguito tutta la vicenda quando lavorava alla Walt Disney Productions in America[14].

Mario Verger © 2020 – Tutti i diritti riservati

 

 

Il mistero del “Pinocchio” animato del 1936

e altri tesori scomparsi:

nuove considerazioni sul cinema d’animazione italiano delle origini 

 

Le avventure di Pinocchio: la CAIR di Romolo Bacchini, con il figlio Carlo Bachini, di spalle, con la testa piegata di lato

 

Testo di Stefano Galeone

 

È di recente pubblicazione il notevole studio realizzato da Raffaella Scrimitore “Le origini dell’animazione italiana” con prefazione di Giannalberto Bendazzi (Tunué, 2013) [1]. Il testo si concentra prevalentemente su un lasso di tempo che va dal 1911 al 1949/1950 e per la prima volta si è tentata una disamina per quanto possibile completa degli autori, delle opere, delle tecniche e degli stili di quel particolare tipo di produzione in Italia.

Sagome di Barbara per Pinocchio

Le opere menzionate sono di notevole interesse e hanno rappresentato per tanto tempo in Italia una sorta di studio a sé stante rispetto alla storia del cinema “dal vero” e “in carne e ossa”. Esistono tante pubblicazioni sul tema a cavallo tra gli anni ’50 e gli anni ’70 che tuttavia non hanno quasi mai avuto una valenza “scientifica” poiché mancano riferimenti espliciti ad articoli, interviste e materiali consultati. I risultati di questi lavori sono spesso frammentari e confusivi ma di certo hanno rappresentato un primo importante tentativo d’indagine. Oggi disponiamo indubbiamente di mezzi più efficaci per le nostre ricerche.

In tempi recenti i contributi più rilevanti sono stati sicuramente i lavori di Bendazzi – grande studioso del cinema d’animazione in generale e dell’opera di Quirino Cristiani in particolare – e quelli di Mario Verger. Si deve tanto a quest’ultimo per ciò che concerne lo studio dell’animazione italiana [2], i suoi contributi e i suoi sforzi allo scopo di ricostruire la storia del nostro cinema d’animazione non sono mai stati adeguatamente considerati e premiati.

Il testo della Scrimitore tiene conto del lavoro svolto in precedenza da Bendazzi, da Verger e da altri studiosi. L’apporto più significativo consiste nell’aver recensito ed elencato le opere superstiti localizzate in alcune cineteche italiane e le opere che necessiterebbero di un restauro immediato (in particolare cita Barudda è fuggito di Spanò e Volpino e la papera ribelle di Chierchini che si trovano presso la Fondazione Micheletti insieme alle opere della Gamma Film dei Gavioli).

Riportando alcune considerazioni di Mario Verger, pare tuttavia che opere come Barudda è fuggito di Spanò e alcuni lavori di Carlo e Vittorio Cossio o di Gustavo Petronio (ad esempio Arrigo e il suo tigrotto) possano sopravvivere anche altrove:

 «Il Prof. [Attilio] Giovannini, del quale avevo già apprezzato il suo Guida alla pubblicità cinematografica, in più di un’occasione mi raccontò gran parte degli aneddoti riguardanti lo svolgersi di mezzo secolo del mondo dell’animazione italiana: dalla sua amicizia e collaborazione con Nino Pagot all’epoca de I fratelli Dinamite, compresi i fatti risalenti all’epoca della guerra, come ad esempio l’aneddoto della bomba che distrusse la Pagot Film in quel periodo, svelandomi che fu in realtà una loro invenzione atta a ritardare la conclusione del cortometraggio ad episodi Tolomeo, poi radunato nel definitivo lungometraggio, passando poi dai primissimi caroselli alla nascita di Calimero e tanti, tanti altri aneddoti, a dir poco unici.

Egli mi invitò nel 1991 a Milano a visionare in moviola alcuni film che facevano parte di una sua collezione personale, poco prima di cederli alla Rai; e precisamente ricordo: alcuni dei primi short del pioniere triestino Gustavo Petronio riguardanti la serie Arrigo e il suo Tigrotto, Zibillo e l’orso di Carlo e Vittorio Cossio, Nel paese dei ranocchi di Antonio Rubino, Barudda è fuggito di Umberto Spanò, ed altri, alcuni dei quali passarono anni addietro in TV nella trasmissione di Mario Accolti Gil, Le mille e una sera; come anche, ospite da Giovannini, apprezzai le moltissime celluloidi prodotte su vecchio materiale infiammabile da lui collezionate in cinquant’anni di attività. Purtroppo, pare che la Rai, attualmente, non “ricordi” dove sia finita la “Collezione Giovannini». [3]

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

Carlo Montanaro conferma che la maggior parte delle opere collezionate da Attilio Giovannini sarebbero state cedute alla Rai e che molti cortometraggi oggi considerati scomparsi sarebbero stati trasmessi in programmi come “Mille e una sera” e “Pubblimania”. Un’altra parte di questo archivio si troverebbe invece presso la Cineteca del Friuli. [4] Il libro della Scrimitore ci informa inoltre di tutte quelle opere ultimate o rimaste incompiute che un giorno potrebbero riemergere dall’oblìo. In questo senso è indubbiamente molto utile per ogni ricercatore avere l’elenco “aggiornato” delle opere da ritrovare.

Solo di rado l’autrice fa riferimento alle coeve produzioni cinematografiche realizzate mediante pupazzi e marionette. Un esempio è rappresentato dal film I quattro moschettieri del modenese Campogalliani del 1936 considerato uno dei tanti film con le marionette di quel periodo. Per la precisione si tratta dell’unico lungometraggio italiano realizzato completamente con questa tecnica (ad eccezione della brevissima introduzione che precede i titoli di testa), motivo questo di grande interesse storico e cinematografico.

Come scrive nell’introduzione la stessa autrice, il lavoro va inteso come un primo importante contributo che ci si augura possa «dar luogo a nuovi accertamenti, indicazioni e correzioni». [5] In questa sede cercherò di dare il mio contributo.

Per quanto concerne Luigi Liberio Pensuti, già Mario Verger aveva pubblicato un importante articolo in merito. [6] Entrambi gli autori riportano che Crociato ‘900 e La taverna della TBC (o La taverna del tibiccì) sarebbero lo stesso film. Un recente restauro di alcuni lavori di Pensuti per opera della Cineteca di Milano – nato dal recupero di un fondo filmico depositato da Giulia Ciniselli – ha invece svelato che si tratta di due film diversi.

Forse Il bacillo di Koch e Il francobollo benefico potrebbero comporre il film Crociato ‘900 dal momento che i protagonisti sono proprio il bacillo e il francobollo succitato e poiché vengono menzionati lo stesso anno.

L’articolo di Verger riferisce inoltre che Ahi Hitler! e Un idillio a Ginevra sarebbero lo stesso film, tesi non supportata dalla Scrimitore che data il primo film al 1934 (e si può rintracciare, in effetti, in una Rivista Luce di quel periodo) e il secondo al 1940-1942. Non ci è dato al momento sapere se si tratti o no dello stesso film e se la data 1940-1942 costituisca un errore. 

Certamente conosciamo oggi grazie al restauro della Cineteca altri titoli che non erano stati contemplati dai due studiosi: Campane a stormo! (1931), Squilli di vittoria (1938), Colpi d’ariete (1940) e Tappe di vittoria (1940). Esiste invece un film intitolato Il pericolo pubblico n.1 del 1938 (mentre Verger e la Scrimitore parlavano di un Nemico pubblico numero 1 del 1932-1934).Dei lungometraggi sul tema della tubercolosi, citati nell’articolo di Verger, al momento non vi è alcuna traccia. [7]

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

La vita e l’opera del modenese Gino (Luigi?) Parenti resta avvolta nel mistero. Una recente indagine operata da Stefano Bulgarelli e da me sul territorio modenese e reggiano non ha dato i frutti sperati. Di una Secchia rapita di Gino Parenti esistono scarsissime informazioni e tutte di seconda mano. Si sa di certo invece che i fratelli Cossio misero mano al testo tassoniano realizzando la loro versione de La secchia rapita, della quale esistono molti fotogrammi. Il film dei Cossio prodotto dalla SICED con il sistema Gualtierotti viene peraltro citato in un articolo apparso sul Corriere della Sera firmato da Filippo Sacchi e intitolato “Nei laboratori del cartone animato italiano”. In questo contesto si parla anche di un cartone animato in cantiere intitolato I figli della lupa con soggetto e disegni realizzati dal grande artista Amerigo Bartoli e di un divertente cartone animato SICED già presentato al pubblico intitolato La meccanica del proietto. [8]

Tornando a Parenti, è certo invece che l’umorista e disegnatore modenese morto in terra reggiana avesse lavorato nel 1936 al film Il prode Anselmo. Nel libro “Bibidi bobidi bu: la musica nei cartoni animati da Betty Boop a Peter Gabriel”, gli autori scrivono quanto segue: «L’umorista Gino Parenti, realizza con il solo aiuto del sinfonista Daniele Amfiteatroff, “Il prode Anselmo” (1936)». [9]

Raffaella Scrimitore scrive che non ci sono prove a sostegno della tesi che La secchia rapita di Parenti non sia mai stata realizzata e che Il prode Anselmo risalga al 1941. Per le musiche dei due film cita rispettivamente Massimo e Alessandro Amfiteatroff (o Amphiteatroff). Tuttavia, le informazioni sul primo film latitano nei giornali dell’epoca e l’anno del secondo film (1936) trova definitiva conferma su un articolo de La Stampa di Martedì 16 ottobre 1934 che lo dava in cantiere da quella data. [10] Anche l’ipotesi di musiche composte da Daniele Amfiteatroff (o Amfiteatrov) per i film di Parenti sarebbe più probabile (il padre Alessandro era uno scrittore e il fratello Massimo – citato anche da Zanotto come autore delle musiche – era un violoncellista).

Per quanto riguarda l’opera di Antonio Attanasi, personaggio sicuramente da indagare e approfondire, è bene precisare che il suo Pulcinella cetrulo d’Acerra è un mediometraggio ed è attualmente reperibile mentre il lungometraggio I picchiatelli (o La montagna tonante) fu ultimato e distribuito a livello regionale, tesi confermata anche dai parenti del regista. Per quanto riguarda Gibba, è interessante notare che Le avventure di Rompicollo (noto anche come Dan e Pamela) venne effettivamente ultimato.

L’artista mi riferì che Nino Rota aveva già composto e persino registrato alcune musiche per quel film, tuttavia nel giro di poco tempo la produzione fallì ma il film fu poi ripreso e portato a termine da Perogatt (Carlo Peroni) su invito dei nuovi soci di Raniero Materazzi. Gibba mi ha assicurato di aver visto il film finito ma di non averlo gradito poiché lo stile del primo tempo differiva notevolmente dal secondo. Il film non ebbe probabilmente alcuna distribuzione. A distanza di anni Peroni avrebbe riferito a Gibba di aver rintracciato la copia del film. La morte del grande artista nativo di Senigallia lascia al momento senza soluzione il mistero intorno a questa pellicola.

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

La storia del “Pinocchio” del 1936 resta forse la vicenda più intrigante, se non altro perché si tratterebbe del primo lungometraggio d’animazione italiano e, forse, del primo lungometraggio realizzato in animazione tradizionale e a colori in assoluto. In realtà, si parlava anche di un Vita di Mussolini del 1927 in bianco e nero ad opera di Guido Presepi. A parlarne fu per primo Zangrando nel suo celebre “L’Italia di cartone” [11] e in seguito ne fece menzione anche Rondolino [12].

Ci darà maggiori informazioni a riguardo Verger in un suo articolo:

«Vista l’esperienza che andava acquisendo, Presepi fu il primo a tentare in Italia la strada del lungometraggio realizzando, praticamente da solo, nel 1927, Vita di Mussolini. Prodotto dalla Compagnia “Lo Spettacolo”, il film, della durata complessiva di oltre un’ora, metteva in luce la mentalità forse allora troppo anarchica di Presepi, il quale, dopo aver realizzato gran parte del film non trovò approvazione da parte dei finanziatori che ne impedirono il proseguimento. Rimasto deluso dalla cattiva impresa, dopo qualche anno abbandonò l’attività dei disegni animati e continuò ad occuparsi di cinema e di teatro.» [13]

Anche in questo caso si tratta tuttavia di informazioni spesso poco attendibili o frammentarie. Non ci è dato sapere con certezza se il film sia mai stato iniziato o completato. Verger stesso mi raccontò che i parenti di Presepi non erano a conoscenza di questo progetto di cui in qualche modo negli anni si prese a parlare. Documenti a riguardo restano al momento irreperibili.

“Gec” Enrico Gianeri, nel suo fondamentale libro sull’animazione che contiene anche numerosi e “misteriosi” fotogrammi riguardanti il Pinocchio del 1936 e che ne parla come se lo avesse effettivamente visto, ci parla di un “Pinocchio” animato ancora più antico realizzato nel 1932 su suolo giapponese ad opera di Naburo Ofuji:

«Strano a dirsi, il primo tentativo di Pinocchio Disegno-Animato fu un Pinocchio orientale con gli occhi a mandorla, e fiancheggiato da un Geppetto mongolo, una Fatina dai Capelli Turchini dal sapore di soave geisha, un Pescatore Verde dall’aria di barbuto samuraj [scritto con la j]. La Cinematografia Nipponica pensò infatti di debuttare nel Cartone Animato, nel 1932, con un film sulle vicende dell’immortale burattino.

Il “Pinocchio” giallo fu, per i suoi tempi, il più lungo metraggio del Disegno Animato. Venne iniziato nel 1929 e costò ben tre anni di lavoro assiduo e meticoloso. Fu completato soltanto nell’ottobre 1932 ed aveva richiesto l’opera di ben 52 raffinati disegnatori sotto la guida di Noburo Ofuji, allora alle sue prime esperienze. Il “Pinocchio” nipponico, oltre ad essere il primo lungometraggio animato, si può considerare anche come il primo Disegno a colori in quanto, se non tutto il film, almeno alcune scene di esso erano state suggestivamente colorate grazie ad uno speciale procedimento chimico. Il film, che si divideva in tre parti, fu lanciato con grande successo di interesse e di critica nel dicembre del 1932.» [14]

Fino ad oggi non si sapeva molto di questo film. Qualche critico dell’epoca parlò molto bene dell’opera in questione e si spinse anche a considerarlo notevolmente superiore al film realizzato da Walt Disney nel 1940. Qualche studioso ipotizzò un sequestro dell’opera da parte della censura [15] e, in effetti, un articolo di Bosio apparso su La Stampa di Torino conferma definitivamente questa tesi:

«L’anno scorso una casa nientepopodimeno giapponese, pensò di girare un film su Pinocchio: pare che oggi questa pellicola sia stata ultimata, ma non essendosi la Casa messa preventivamente d’accordo per la cessione dei diritti d’autore del libro, né avendo voluto ora acquistarli, il film è stato giustamente fermato.» [16]

Se il film è stato ritirato dalla censura per ragioni di diritto d’autore, potrebbe ancora esistere in qualche archivio. I diritti d’autore su Pinocchio incisero probabilmente – oltre alla mancanza di collaboratori e finanziatori – anche sull’opera di Attanasi del 1935, probabilmente iniziata ma non portata a termine, e quasi sicuramente anche sul cortometraggio realizzato da Ugo Amadoro con protagonista un «bizzarro fantoccio elastico, originalmente buffo» simile a Pinocchio ma che non lo cita esplicitamente, realizzato con la tecnica delle silhouettes e del quale attualmente non ci è dato sapere molto di più. [17]

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

Luca Mazzei riporta in un suo importantissimo studio che a questo punto:

«i diritti per la riproduzione cinematografica vennero ceduti da Enrico Bemporad all’Enac e da questa alla Caesar (Film) il 3 maggio 1929 per un periodo che andava da quella data al 31 dicembre 1940.» […]

«La Caesar di Barattolo dichiara che realizzerà due film: Mimì bluette, fiore del mio giardino e, per l’appunto, Pinocchio. Per questo ha anche messo su un concorso con la rivista “Kines”, destinato ad identificare gli attori protagonisti. […] Le notizie sono ovviamente confermate dalle pagine di “Kines”, dove il concorso, che è annunciato sul n.  28 del giugno 1931, si dichiara definitivamente chiuso (con l’invio del plico con i dati dei concorrenti alla ditta) sul n. 42 del 18 ottobre 1931. E’ ben notare però che, sia negli articoli dedicati a Kines in questo periodo al proprio concorso, sia in altri negli stessi numeri o in quelli precedenti comparsi non esiste riferimento alcuno ai film che gli attori così scelti andrebbero ad interpretare, né al programma stesso della casa di produzione.» [18]

Oggi tutti gli studiosi sono concordi nel considerare il progetto della Caesar-Film (o Cesar Film) un progetto destinato a essere interpretato fin dall’inizio da attori in carne ed ossa. Tuttavia esistono testimonianze contrastanti in merito. Tanti studiosi del passato (da Gianeri a Savio, solo per citarne alcuni) parlano di un primo tentativo di lungometraggio d’animazione italiano su Pinocchio prodotto proprio dalla Caesar che avrebbe riunito gli illustratori del “Marc’Aurelio” sotto la guida del tanto citato Umberto Spanò (alias Umberto Spano). [14] [19] Gianeri parla di un film molto diverso da quello tentato in seguito dalla C.A.I.R, un lungometraggio nel quale «solo pochi quadri avrebbero dovuto essere a colori» e nel quale «i disegnatori si sforzavano di differenziarsi graficamente dal famoso cliché di Attilio (Mussino)».

La tesi troverebbe conferma nelle parole di disegnatori che presero parte alla successiva produzione C.A.I.R. (a partire da Ennio Zedda). Anche Paola Pallottino parla di una scenografia (“Il Paese dei balocchi”) firmata da Mario Pompei per un Pinocchio animato del 1931, sebbene sul numero di “Scenario” in questione non si faccia esplicito riferimento né a un lungometraggio d’animazione né alla Caesar-Film. [20]

Mazzei cita un testo di Maria Jole Minicucci nel quale si parla di una lettera della Bemporad recapitata all’ufficio romano della MGM del 26 gennaio del 1933 nella quale si dice che la Caesar non poteva più dar atto al suo progetto cinematografico riguardante Pinocchio e Bosio, nel succitato articolo, sembra chiarire definitivamente come andarono le cose:

«Circa quattro anni fa all’inaugurazione della Caesar-Film rinnovata, l’onorevole Barattolo aveva annunziato un Pinocchio da girarsi con attori in carne ed ossa, ma con costumi e ambienti sapientemente stilizzati. […] La sceneggiatura dovuta, se non erriamo a Febo Mari ci dissero che era piena di gustose trovate. Gran parte degli attori erano stati scelti, Mario Pompei aveva disegnato le scene, i mobili e i costumi, il tutto veramente con molto buon gusto e sapore. Anzi il giorno dell’inaugurazione in un teatro trovammo alcuni ambienti già montati, ma poi, come capitò spesso a questa Casa, tutto andò a monte e gli ambienti montati servirono, convenientemente truccati, ad Amleto Palermi per girare alcuni quadri del primo film di Emma Gramatica: La vecchia signora! (uscito nelle sale nel 1932)

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

Non è possibile purtroppo recuperare articoli o materiali dell’epoca nei quali si parli esplicitamente di un progetto così ambizioso ed importante come quello di un lungometraggio animato anteriore a quello della C.A.I.R. e i resoconti dell’epoca parlano da subito di un film Caesar concepito “con attori in carne ed ossa”. L’idea di un lungometraggio animato “del 1935” anteriore all’esperienza C.A.I.R. pare dunque il frutto di un errore. Bosio descrive nel medesimo articolo la corretta ubicazione della C.A.I.R. che subentrò alla Caesar:

«Così i diritti d’autore per tutto il mondo delle avventure di questo celebre burattino […] sono stati ora comprati dalla C.A.I.R. […] Barbara ci conduce a visitar questo nuovo stabilimento. Entriamo in un vecchio portone di una viuzza accanto all’Università, quel portone da cui si entra anche per salire al loggione del Teatro Valle. Al terzo o al quarto piano ci fermiamo davanti ad una porta con tanto di CAIR scritto ben chiaro su una lucida targa.»

L’autore dell’articolo conferma la paternità dell’opera dei fratelli Bacchini dei quali cita anche due film a cartoni animati conclusi (Dalla terra alla luna e Lamorte ubriaca, all’epoca non ancora usciti in Italia ma distribuiti all’estero dove avrebbero avuto successo), parla di un possibile coinvolgimento del Maestro Umberto Giordano per le musiche (che sarà poi sostituito da Romolo Bacchini per questioni probabilmente di budget) e cita i noti illustratori e disegnatori che presero parte al progetto.

A Ottobre dello stesso anno, tale M. G. parla di una lavorazione «quasi giunta al termine», precisa che si tratta di novanta minuti di film e che il colore sarà realizzato mediante il sistema Catalucci. Spiega inoltre che il film sarebbe stato un “preludio” alla produzione di tanti altri cortometraggi a colori con protagonista Pinocchio. [21] Questa tesi è sostenuta anche da Agorient in un articolo del 1935 che compare su “L’Italia Marinara”.

In questa sede si parla anche di «ogni esclusiva della C.A.I.R. per l’adattamento, la figurazione, riduzione e rappresentazione di Pinocchio [di Collodi]» e parla di una distribuzione del film in Francia, Germania, Spagna e America. Si parla inoltre di un «Pinocchio che s’improvvisa menestrello e che graziosamente canterà una bella romanza, mentre la danza delle faine sarà di grande comicità». [22]

A Luglio del 1936 le prospettive sono rosee e un po’ ovunque si parla di un’uscita imminente, probabilmente nell’inverno dello stesso anno. Il 18 Luglio del 1936 viene dato l’annuncio che il film sarà presentato ufficialmente a Buenos Aires:

«Sotto la presidenza dell’Ing. Cervini e la direzione tecnica di Tito Sansone, si è costituita in questa capitale la ditta Latina Film, che ha lo scopo di presentare pellicole italiane scelte fra quelle che hanno elevato carattere artistico e che rispondono, soprattutto, al nuovo ritmo della vita italiana. La Latina Film ha stretto contatto con la U.N.P.P., l’organismo sorto a Roma alle dipendenze della Direzione generale della cinematografia, per l’esclusività nel Sud-America di tutta la produzione italiana. Saranno così rappresentate, tra le altre, le seguenti pellicole: Scarpe al sole, Le avventure di Pinocchio, Lorenzo De’ Medici, Ginevra degli Almieri, Ballerine, Re Burlone, L’Africano.» [23]

Questo non significa che il film sia stato effettivamente terminato e presentato, tuttavia ci dà abbastanza certezze circa la fase di lavorazione avanzata del film. La distribuzione internazionale è quella dei De Vecchi e nel corso di tutto l’anno 1936, su tutte le riviste di cinema dell’epoca, compaiono fotogrammi e locandine che parlano di un’uscita imminente del film. Già nel Novembre dello stesso anno l’entusiasmo pare tuttavia scemare.

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

La rivista lo Schermo scrive «I De Vecchi han promesso da tempo un Pinocchio» [24] e La Stampa (ma non solo), che aveva seguito con grande entusiasmo la lavorazione del film, non ne fa menzione per tutto l’anno 1937mentre dal 1938 comincia a parlare con entusiasmo del progetto di Walt Disney, che nel frattempo si sarà assicurato i diritti sull’opera. [25] [26] Il 5 aprile 1938, il nostro M. G. de La Stampa è piuttosto esplicito: del nostro Pinocchio «non si è saputo più nulla», quindi verosimilmente non è mai stato ultimato né distribuito.

Lo stesso giornalista parla anche di precedenti tentativi isolati per ciò che concerne il lungometraggio animato tutti “caduti nel vuoto”. Anche per Vita di Mussolini e per altri simili tentativi dell’epoca cadono dunque le speranze. [27] Nel 1939 lo stesso giornalista ne parla come di un film definitivamente naufragato:

«Che colpa ne ho io, e ne hanno i nostri produttori, se italiano è stato quel grande scrittore che si chiama Collodi e ancora non lo è un uomo di cinema che le creature di Collodi sappia degnamente recare su di uno schermo? Bastasse volerlo, bastasse desiderarlo, tutti i problemi della nostra cinematografia si risolverebbero in quattro e quattr’otto: per risolverli, invece, c’è un solo mezzo: lavorare duramente» [28]

Mameli Barbara, uno dei collaboratori più prestigiosi del film, riportò nel 1992 in un’intervista realizzata da Mario Verger che la lavorazione del film fu piuttosto travagliata a partire da una sceneggiatura inesistente e da condizioni di lavoro a dir poco dilettantesche e “pionieristiche”:

«Ad esempio, i registri per sovrapporre i fogli erano costituiti da due semplici pezzi di legno. Non vi erano attrezzature ed i disegni venivano ripresi uno per uno con una comune macchina fotografica, in modo molto impreciso. Non lo vidi mai completato. Ogni tanto portavamo qualche minuto in pellicola, ma poiché ballava tutto ho rinunciato a vederlo. Ad un certo punto, dopo un anno di lavoro, il film fu interrotto per mancanza di finanziamenti» [29]

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

Walt Disney, che si era interessato a Pinocchio già nel 1934 registrando questa sua “priorità” alla Motion Picture Producers and Distributors of America e che nel 1935 aveva annunciato questo progetto alla stampa, già dalla fine del 1936 poteva dunque scendere in lizza per i diritti sul libro e dal 1937 inizia a lavorare alla sua versione cinematografica. [30] [31] Nel 1936 si ribadisce in un articolo che i diritti sono “esclusivamente” in mano alla C.A.I.R. e dunque per il momento Disney dovrà rinunciare al progetto. [32] Il contratto si chiuderà solo nel Giugno del 1938.

A questo punto le tracce di questo “italianissimo” lavoro si perdono. Bono in suo recente lavoro cita un articolo di Don Carlo Gnocchi intitolato “Oltre il cinema” e apparso sulla rivista Mammina dell’Agosto 1939, nel quale si parla ancora del film italiano come se effettivamente fosse stato realizzato. Gli altri giornali invece non ne fanno più menzione e parlano solo dell’imminente uscita del capolavoro Disney. Nel medesimo saggio, Bono riporta le drammatiche condizioni firmate dalla C.A.I.R. in favore della Disney nel 1938:

«La CAIR recede dal contratto stipulato con Bemporad che viene rigirato alla Disney, rinuncia a ogni sua pretesa presente e futura su Pinocchio e acconsente a distruggere tutto il materiale, disegnato e girato, realizzato fino a quel momento e questo a fronte di un indennizzo di 370.000 lire». [33]

Tali condizioni non sono purtroppo in contrasto con quanto affermato da Verger, ovvero che «Raoul Verdini avrebbe tentato in un secondo momento di portare a termine il film da solo, cercando di trasformarlo a colori con il succitato sistema Catalucci, tuttavia non riuscendo nell’intento». L’impresa sarebbe infatti datata al 1936, anno nel quale la C.A.I.R. si era ritrovata a corto di finanziamenti ma ancora vincolata con Bemporad.

Il film sarebbe dunque stato distrutto. Non è escluso tuttavia che qualche collezionista o, più verosimilmente, qualche personalità coinvolta economicamente o artisticamente nella produzione del film, con l’impegno di far sparire per sempre i suddetti materiali, possa aver preservato il frutto di due anni di un duro e ambizioso lavoro.

Inoltre, la nota affermazione riguardante la possibilità che Walt Disney possa in qualche modo essere entrato in pieno possesso dei materiali del film trova qualche conferma e non è poi così priva di fondamento come si credeva. Oltre a Verger che aveva probabilmente riportato questa “voce” dopo avere avuto la possibilità di incontrare e di intervistare Mameli Barbara, altre fonti contribuiscono ad avvallare questa tesi.

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

Ennio Zedda (1910-1993), che prese attivamente parte alla realizzazione del film, conferma in un’intervista realizzata da Silvia Pompei nel 1985 che il film C.A.I.R., nonostante fosse pubblicizzato fin dall’inizio come un lungometraggio a colori, venne girato invece in bianco e nero e solo in un secondo momento ci si sarebbe posto il problema del colore. Ci informa inoltre che una colonna sonora doveva essere stata realizzata poiché i riferimenti “sonori” per i disegnatori erano esplicitati e che esisteva una sceneggiatura (anche se probabilmente si trattava più di un canovaccio). Il primo tempo del film era stato completato e aveva richiesto ai pochi collaboratori (una trentina di persone) due anni di duro e incostante lavoro. Nel momento in cui la C.A.I.R. chiuse i battenti, la prima parte del film era già stata montata a sincrono con musica e dialoghi e si stava lavorando al secondo tempo, che Verdini avrebbe poi tentato di ultimare da solo.

Le trattative tra Walt Disney e l’oscuro finanziatore del film, tale Avvocato Todaro (ma altre fonti citano invece gli avvocati Aldo Alboretti e Giuseppe Busala come intermediari) vengono descritte esplicitamente:

«Piuttosto non capisco cosa avranno fatto dei nostri 50.000 disegni. Hanno preteso il materiale, era nel contratto. Hanno ripagato tutte le spese all’avvocato, le spese di cui si lamentava sempre.  […] [L’avvocato Todaro] dopo il primo tempo del film, che era stato ultimato, ha sospeso tutto il lavoro. Disney ha voluto tutto. Hanno portato via casse di roba comprese le pizze dei film e Disney o lo studio Disney ha ripagato l’avvocato abbondantemente, in più gli hanno dato altri soldi. L’avvocato era molto contento [data la situazione fallimentare]. Si profilava con il film una dispersione di soldi mai vista. […] A Verdini di questo non era stato detto nulla inizialmente. Tutta la cosa è stata fatta dicendo a Verdini che facesse una pausa, che mettesse in riposo i disegnatori, che dopo quindici giorni si sarebbe ripreso il lavoro. Verdini intanto era andato avanti con le scene. […] L’avvocato Todaro fu contattato da Disney direttamente e gli chiese chi aveva i diritti del cartone. Lui rispose che li avevano lui e lo stesso Verdini. Disney fece questa proposta e Verdini non ebbe poi nulla da obiettare [poiché sulla lavorazione del film erano nel frattempo sorte polemiche e persino un caso giudiziario] ed ebbe successivamente l’ordine di consegnare tutto, celluloidi, pizze, fino all’ultimo disegno.» [34]

La testimonianza di Zedda non esclude tuttavia che i materiali possano essere andati definitivamente distrutti. Si limita a dire che “gli americani” portarono via (o fecero portare via) tutti i materiali ma si chiede anche lui che fine abbiano fatto.

Un articolo apparso su La Stampa nel 1968, in occasione della produzione del Pinocchio di Cenci, risulta meno drastico e lascia intravedere qualche speranza:

«L’ultimo [Pinocchio] fu quello iniziato da un gruppo di vignettisti collaboratori allora del giornale umoristico “Marc’Aurelio”: Verdini, Attalo e Barbara. Disegnarono e animarono varie sequenze, però i loro stili erano troppo diversi e i quattrini cominciarono ad un certo punto a scarseggiare, per cui il lavoro non solo fu interrotto ma ceduto, con i diritti sulla realizzazione per il cinema della immortale favola, a Walt Disney che ne ricavò un Pinocchio tutto suo, cioè molto americano e poco collodiano.» [35]

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

In conclusione si può affermare che tanto si è fatto e che i recenti contributi di Mario Verger, Raffaella Scrimitore e di altri studiosi in merito al cinema d’animazione italiano delle origini (e non solo) restano di fondamentale importanza, tuttavia la strada è ancora lunga e costellata di numerosi punti interrogativi. Tanti sono i film, anche recenti, di cui si è persa traccia. Cito tra gli altri e tra i titoli più recenti: Mondo animato n.1, film della Titanus con cartoni animati provenienti dall’URSS rimusicati da Morricone, Umiliani, Fidenco e Trovajoli, I dieci diritti del bambino (o Dieci per sopravvivere) film UNICEF a episodi per la regia di Cesare Perfetto, Manfredo Manfredi et al e musicato da Morricone, Rota, Bacalov, Macchi, Evangelisti, 200.000 leghe nello spazio per la regia di Marcello Baldi della Corona Cinematografica parzialmente a cartoni animati e parzialmente con attori in carne ed ossa…

Alcuni recentissimi ritrovamenti, tra i quali è opportuno ricordare L’igiene di Tombolino (1932 – 1934) di Luigi Liberio Pensuti e il cortometraggio Non è più un sogno commissionato dalla FIAT nel 1932 e di dubbia attribuzione, lasciano sperare positivamente.

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

Per quanto riguarda il pioniere dell’animazione di origine italiana Quirino Cristiani e le altre opere realizzate dal suo emulo e collaboratore Andrés Ducaud, la speranza è che Buenos Aires prima o poi s’interessi alla questione e apra le porte per ulteriori indagini in merito. Rintracciare parenti di Federico Valle, di Guillermo Franchini e persino di Yrigoyen potrebbe portare forse a qualche risultato. La famiglia Savoia potrebbe illuminarci invece in merito al cortometraggio di Cristiani Humbertito de garufa del 1924, dedicato proprio a Umberto di Savoia che ricevette in dono dal regista una copia del film. Anche la Disney potrebbe forse possedere qualche copia dei film di Cristiani. Walt Disney e Cristiani si incontrarono nel 1941, molto prima dei due incendi che distrussero pressoché il corpus integrale delle sue opere, e non è escluso che Cristiani possa aver fatto dono a Disney di qualche sua opera nella speranza di possibili collaborazioni future. [36] [37]

Le ricerche sono solo iniziate…

 

Stefano Galeone © 2020 – Tutti i diritti riservati

 

 

«Le avventure di Pinocchio»:

La CAIR di Romolo Bacchini

 

Testo di Mario Verger

S. A. De Vecchi Roma presenta: Le avventure di Pinocchio

Romolo Bacchini

Romolo Bacchini (Romolo Bachini), nacque a Roma nel 1873, ed è stato un regista, musicista, pittore e poeta dialettale italiano, attivo all’epoca del cinema muto.

Fu uno dei pionieri del cinema italiano. Regista di oltre cinquanta film, interpretò anche il ruolo di attore in alcune pellicole. Nel 1909 si trasferì a Napoli dove la neonata casa cinematografica Vesuvio Films gli affidò la direzione artistica delle sue produzioni. Nel capoluogo campano diresse molti dei suoi film, tra i quali spiccava il cortometraggio storico Corradino di Svevia  (L’ultimo degli Hohenstaufen). Tra il 1935 e il 1936 Romolo Bacchini lavorò a Roma alla CAIR (Cartoni Animati Italiani Roma) sul film d’animazione Le avventure di Pinocchio, che però non fu mai terminato.

Romolo Bacchini morì a Roma nel 1938.

Romolo Bacchini

 

Attalo (Gioacchino Colizzi)

Attalo, pseudonimo di Gioacchino Colizzi, nacque a Roma nel 1894. Forse scelse il suo nom de guerre “Attalo” in onore del Re di Pergamo, ma probabilmente per sostituire quel più mite Gioacchino attribuitogli alla nascita. Anzi, nel 1952 confesserà: “Non sono il re di Pergamo, come ho tentato di far credere altra volta. Coi tempi che corrono non mi conviene spacciarmi per un sovrano”.

Iniziò a pubblicare sul settimanale L’Asino, e dal 1931 collaborò con la rivista satirica Marc’Aurelio, poi con Il Travaso (che vantava Trilussa tra i collaboratori) e con tutti i supplementi e gli speciali delle due testate. Diventò famoso per il suo corrosivo umorismo. Rappresentò con anticipatoria irriverenza la cosiddetta “gente comune”, beffando apparenze, luoghi comuni e snobismo di periferia. Durante la guerra, le Messaggerie Musicali di Milano diffusero i fascicoli con le raccolte delle sue gag su Aldo Fabrizi. I personaggi più famosi, che l’autore continuerà a disegnare per anni, erano il vanesio “Gagà che aveva detto agli amici…”.

Attalo inventerà per il Marc’Aurelio altri personaggi, tra i quali ricordiamo le sue donnone adipose e arrapate, “Genoveffa la racchia” e “La contessa Algisa”.

Nel 1944, iniziò a collaborare ad altri periodici di satira, quali, il Marforio ed il Pasquino, nonché a giornali anticlericali come Il Mercante e Belzebù. Nel 1947 tornò a collaborare al Travaso delle idee alla cui direzione era tornato Guglielmo Guasta. Inventò nuovi personaggi come “Gastone il frescone” ed il “Cavalier Precisetti”. Per il settimanale La Sigaretta, pubblicato tra il 1947 ed il 1948, creò le vignette de “La famiglia Cocottini”.

Agli inizi degli anni ’60, Attalo cominciò a collaborare al quotidiano Paese Sera con la serie di vignette denominata “Le guerre pacioccone”. Continuerà inoltre fino agli anni ’70 a disegnare le vignette del “Gagà” per il settimanale milanese Candido. Nel 1973, accanto a vecchie e giovani firme della caricatura italiana, Attalo tornò a far parte della risorta redazione del Marc’Aurelio.

Il suo amico Federico Fellini, che conobbe Attalo durante la guerra, entrambi umoristi del Marc’Aurelio, prenderà spunto dalle sue vignette per alcune sequenze del film Roma.

Attalo nel 1970 illustrò anche Pinocchio narrato in versi (a piccoli e grandi) di Virginio Emanuele Laurini per le Edizioni Lauri Novae.

Gioacchino Colizzi ebbe un figlio, Marcello Colizzi, uno dei più grandi cartellonisti del cinema. Attalo morì nel 1986.

Attalo – Gioacchino Colizzi

 

Mameli Barbara

Mameli Barbara nacque a Trapani nel 1908. Figlio di Luigi e Rosa Bertolini, il nome Mameli gli venne dato in omaggio all’autore dell’inno nazionale. Dopo aver frequentato per alcuni anni il Liceo “Ximenes” nella città natale, si trasferì a Roma conseguendo la maturità classica al “Visconti” e frequentò l’Accademia di Belle Arti.

Iniziò dal 1926 a disegnare per le pagine satiriche sportive, collaborando prima al Brillante, a Il Littoriale, a Il Tifone e con decine di riviste e quotidiani tra cui, Marc’Aurelio e Bertoldo. Nel dopoguerra collaborò al Marc’Antonio, Il Travaso, Belzebù, La Sigaretta, Travasissimo.

Come giornalista, Barbara collaborò a diverse testate, quali, Gazzettino di Venezia, La Stampa, Il Popolo, Giornale di Sicilia e il Giornale d’Italia.

Fu inoltre autore di manifesti cinematografici. A renderlo famoso furono le “donnine” a cui si dedicò dagli esordi e che gli assicurarono un posto preminente tra gli illustratori erotici italiani del suo tempo, inventori delle «pin-up all’italiana».

Sposato con Noemi Monacelli, non ebbe figli, e morì nel 2001.

Mameli Barbara

 

Raoul Verdini

Raoul Verdini, nacque a Roma nel 1899. A ventidue anni lavorava già nel giornalismo e nel 1931 cominciò a collaborare con il Marc’Aurelio (un rapporto che durerà fino alla chiusura della testata, nel settembre del 1943). Collaborò anche con Il Balilla illustrando nel 1933 Il caposquadra balilla, edito dalla Presidenza centrale dell’Opera Balilla. Pubblicò inoltre ne Il cartoccino dei piccoli dell’editore Boschi. Nel 1935 parteciperà con Attalo e Barbara a un tentativo di primo lungometraggio italiano d’animazione, Le avventure di Pinocchio, che il Verdini, da solo, cercherà di portare a termine invano l’anno successivo, a colori, col Sistema Catalucci. Durante la Liberazione, collaborò con il periodico illustrato Il cuore dei piccoli, per il quale, pochi ricordano che nel 1944 realizzò a puntate e in versi Le avventure di Pinocchio ridotte e illustrate da Verdini, una prima versione dissimile dalla successiva realizzata un ventennio dopo assieme a Rodari. In seguito, collaborò con diverse testate, quali, Il Partigiano, Il Pettirosso, L’Asino, Il Pasquino, Marforio e con il quotidiano Il Lavoro,  contribuendo anche a fondare e dirigere il settimanale di satira politica liscio e busso nel 1945, insieme ad Angelo Migneco e Augusto Camerini. Dal 1946 al 1958, Raoul Verdini è redattore della rivista comunista Vie nuove, poi entrò nel quotidiano romano Paese sera, dove rimase fino al gennaio del 1963. Collaborò con diverse altre testate in Italia e all’estero, quali, l’Unità, la Pravda, la Literaturnaja gazeta, il Krokodil, l’Eulenspiegel, etc. Ampia fu anche la sua produzione rivolta all’infanzia, collaborando tra l’altro col Pioniere dove creò Cipollino, che sarà pubblicato anche in albi, illustrando La filastrocca di Pinocchio su testi di Gianni Rodari, edito in albo da Editori Riuniti nel 1974. Inoltre Verdini collaborò a La via migliore, Bambola e Miao. Raoul Verdini scomparve nel 1981.

Raoul Verdini

Le avventure di Pinocchio ridotte e illustrate da Verdini

La filastrocca di Pinocchio di Gianni Rodari & Raul Verdini

 

Carlo Bachini

Carlo Bachini nacque a Roma nel 1915 da Romolo Bacchini e Maria Cleofe Bacchini (nata Salvetti). Carlo ebbe 5 fratelli: Renato, Leonia, Giorgio, Mario, Umberto.

Carlo Bachini, che conobbi venti anni or sono ottantenne, mi raccontò en passant che aveva lavorato nel 1935 alla CAIR di Roma al seguito del padre Romolo quale capo animatore del lungometraggio, Le avventure di Pinocchio; come ancora, in seguito, a Milano in tempo di guerra a lungometraggi, quali, La Rosa di Bagdad (1949) di Anton Gino Domeneghini e I fratelli Dinamite (1949) di Nino e Toni Pagot.

Nel dopoguerra, Carlo Bachini tornò a Roma e, diventato giornalista, si sposò con Giorgina Diamanti.

Dal 1945, Carlo Bachini divenne anche un valido autore di fumetti e, per l’animazione, diresse la regia e fotografia del cortometraggio incompiuto prodotto dal Conte Giuliano Da Cascina, <em>La serpe è bianca (1947), con l’animazione di Enzo Rotelli e Demetrio Laganà; e La veste candida (1953), su soggetto del giornalista e sceneggiatore Adriano Bolzoni, animati da Giorgio Michelini, Enzo Rotelli e Luigi Roveri, prodotti da R.K.M.

In seguito, Carlo Bachini prese parte come assistente animatore di Kremos (Niso Ramponi) sia alle sequenze animate dirette da Tony “Antonio” Attanasi per il film dal vero di Sergio Corbucci, Baracca e burattini (1954), sia al lungometraggio animato a tecnica mista, <em>I Picchiatelli (1959), per la regia di Antonio Attanasi e la direzione dell’animazione di Gibba.

Carlo Bachini, uno dei maggiori pionieri dell’animazione italiana e del fumetto del primo dopoguerra, scomparve a Roma nel 2003.

Carlo Bachini (foto: Alessandro Michelini)

 

Ennio Zedda

Ennio Zedda (Zezé), nacque a Macomer nel 1910. Da bambino si trasferì con i genitori a Cagliari, dove a quindici anni dovette lasciare la scuola per lavorare come decoratore. Cominciò a collaborare con i fogli umoristici locali. Dal 1927 realizzò caricature per il giornale Biddio, firmandosi Zezé, e dal 1928 per l’Unione del lunedì. Nel 1929 cominciò a disegnare cartelloni pubblicitari e nel 1930 si trasferì a Roma. Dal 1931, collaborò con Tribuna illustrata e iniziò nel 1932, su invito di Onorato, la lunga collaborazione con Il Balilla. Per la testata a fumetti del regime creò, fino al 1943, molti personaggi: Mariella e i fratellini, la Piccola Italiana, Arturino, Carolina, etc. Sempre negli anni Trenta collaborò con L’occhio del mondo e illustrò nel 1935 il manualetto La Caposquadra Piccola Italiana per l’Opera Balilla.

Ennio Zedda si cimentò anche nell’animazione, impegnandosi nel lungometraggio Le avventure di Pinocchio di Romolo Bacchini, mai completato.

Dopo la guerra, lavorò per l’editore romano Capriotti, illustrando tra il 1948 e il 1954 libri di fiabe, quali, Le favole del villaggio, Basta Arturo!, Il gambero Pierino e Lillo Lello Lola, e per le testate Il Corrierino, Famiglia Nostra, Carosello, Ometto Pic, Il Giornalino. Eseguì anche cartelloni per l’Ente nazionale per la prevenzione degli infortuni (ENPI) dopo la sua ristrutturazione nel 1952.

Ennio Zedda morì a Roma 1993.

ENNIO ZEDDA – di Giuliana Altea & Paola Pallottino © ILISSO

 

Mario Pompei

Mario Pompei, nacque a Terni nel 1903. Scenografo e illustratore, attivo dal 1919 per il teatro di marionette di Vittorio Podrecca, realizzò in seguito centinaia di allestimenti, fra cui Nerone (1929) e Ottobrata (1929) per Ettore Petrolini, anche per la prosa, l’opera e il balletto. Artista poliedrico, formatosi nel clima di rinnovamento delle arti promosso dal Futurismo, Pompei fu anche autore di fiabe musicali come Le tre figliole di Pinco Pallino (1927) e radiofoniche, e illustratore di riviste, quali, Il giornalino della Domenica e il Corriere dei Piccoli, e libri per ragazzi, come Giovannino ciabattino (1930), di cui scrisse anche il testo, assai apprezzato per il tratto leggero e giocoso del suo disegno.

Nel 1931 Mario Pompei illustrò anche il libro di Collodi, e venne chiamato in qualità di scenografo dalla Caesar-Film per un Pinocchio dal vero mai realizzato, e nel 1935 realizzò per la CAIR le scenografie per il lungometraggio rimasto incompiuto, Le avventure di Pinocchio.

Nel dopoguerra, Pompei collaborò con Il Corrierino, continuando l’attività scenografica e nel 1954 venne premiato per lo spettacolo di rivista “Made in Italy” di Erminio Macario e Wanda Osiris. Collaborò anche con la RAI e la nascente televisione, realizzando popolari trasmissioni per bambini. Da tempo sofferente di cuore, Mario Pompei a seguito di un attacco cardiaco morì a Roma nel 1958.

La nipote, Silvia Pompei, è un’animatrice di fama internazionale, la quale dopo aver lavorato a Londra per Richard Williams e per Steven Spielberg, si è definitivamente trasferita negli Stati Uniti d’America.

Pinocchio illustrato da Mario Pompei

 

Dal catalogo MARIO POMPEI, scenografo, illustratore, cartellonista 1903 – 1958, a cura di Paola Pallottino, Milano, Electa, 1998

 

Umberto Spanò

Alcune fonti americane, accreditano erroneamente il nome di Umberto Spano assieme a Raoul Verdini come regista del film.

Lo stesso Piero Zanotto, nel 1966 scriveva:

«Toujours en noir et blanc, et avec une égale fidélité à l’esprit de la tradition populaire italienne, Umberto Spano réalisa pour la firme des Dessins Animés Italiens et avec le concours de trois dessinateurs humoristiques populaires (Attalo, Verdini et Barbara) une adaptation charmante du Pinocchio de Collodi qui, pour diverses raisons, ne fut jamais présenté au public.

Disney qui avait déjà commencé des préparatifs en vue de sonPinocchio devait acheter les droits de la compagnie italienne, qui possédait l’exclusivité mondiale pour l’adaptation de cet ouvrage, en exigeant que son seul film passât sur les écrans. De toute façon, après Pinocchio, avec la participation du peintre Goghi Faggioni, Spano réalisa Barudda è fuggito (Barudda s’est enfui). Ce fut le premier dessin animé italien qui appliqua la leçon de frénésie donnée par l’école de Sennett et utilisée depuis belle lurette dans les films d’animation américains. En la fouine) en couleurs, dans lesquels on trouve des concessions évidentes au style naturaliste de Walt Disney. Cependant, il est clair désormais que le cinéma animé italien a trouvé une sécurité qui le rend capable de se mettre au pas des autres grands pays producteurs. Mais comme il arriva partout aux “cartoons” dus à des dessinateurs étrangers, il eut de la peine à trouver un public intéressé aux idées et projets réalisés dans des exploits isolés. Le spectateur, sous toutes les latitudes, continuait à donner uniquement sa faveur à Walt Disney». [18]

E’ interessante notare che lo stesso Zanotto, che citava il decennio prima Umberto Spano, non ne fece mai accenno ne L’Italia di cartone, altrettanto nella filmografia curata da Zangrando ripresa e ampliata da Ombre italiane,  iniziando a presentare l’opera sul cinema di animazione italiano ricordando un’edizione del 1969 del Salone Internazionale del Comics a Lucca quando il famoso umorista Attalo gli svelò che assieme a Barbara e a Verdini, i tre umoristi del Marc’Aurelio non riuscirono mai a ultimare il film.

A distanza di trent’anni chiesi conferma a Piero Zanotto, il quale, pur tacendo l’imbarazzante contraddizione, mi specificò l’informazione infondata che Spanò fosse mai stato il regista del Pinocchio; lo stesso Gibba, attivo nella Capitale pochi anni dopo, sapeva dall’epoca che Umberto Spanò (con l’accento sulla “o”) si trovava a Roma alla CAIR e vi aveva collaborato, sia alla sceneggiatura sia come scompositore di Raoul Verdini tentando di terminare assieme l’anno dopo Pinocchio.

Umberto Spanò era nato a Cagliari nel 1902.

Nel 1940 Umberto Spanò era a Genova realizzando insieme ad altri cineasti del Cineguf il cortometraggio a disegni animati Barudda è fuggito. Spanò si avvalse della collaborazione di Pinin delle Piane per le animazioni; del pittore e scenografo Giocondo “Goghi” Faggioni, marito della danzatrice Traut Streiff Faggioni, per la creazione dei personaggi e delle scenografie; mentre il Trio Trebbi, Migliari e Benedetti accompagnò musicalmente la pellicola con le coinvolgenti note del sassofonista italo-americano Jimmi Rossi.

Il film, ritrovato nella “collezione Giovannini”, era stato venduto dallo stesso prof. Attilio Giovannini alla Rai poco prima della sua scomparsa.

Barudda è fuggito (1940) di Umberto Spanò e Goghi Faggioni andò in onda un trentennio avanti sul Secondo Programma Rai nella puntata del 08/05/1971 della trasmissione Mille e una sera, a cura di Gianni Rondolino, ma del Pinocchio del 1936 non ve n’era traccia.

Sceneggiatura originale de Le avventure di Pinocchio

 

Amerigo Tot

Amerigo Tot, nacque nel 1909 a Fehérvárcsurgó, durante l’Impero austro-ungarico e studiò a Budapest con Ferenc Helbing e György Leszkovszky dal 1926 al 1928, e sotto László Moholy-Nagy al Bauhaus in Germania fino al 1933. Mentre i nazisti salivano al potere, Tot si trasferì in Italia e lavorò come scultore divenendo consulente dell’Accademia d’Ungheria in Roma.

Nel 1935 lavorò come animatore al lungometraggio Le avventure di Pinocchio, alla CAIR con Attalo, Verdini e Barbara.

Tot, antifascista, combatté nel movimento di resistenza italiano a partire dal 1943.

Amerigo Tot ricevette per la prima volta un riconoscimento internazionale per il suo lavoro sul fregio della stazione di Roma Termini. Iniziò a realizzare lavori astratti negli anni ’50. Tornò in Ungheria diverse volte, tra cui nel 1937, 1939 e 1969, che fu un lungo passaggio riconosciuto dalla cultura comunista ungherese.

In Ungheria Tot divenne un artista di fama mondiale e a Budapest fu istituito l’Amerigo Tot Museum.

Negli anni 1967-1977 Amerigo Tot fece apparizioni occasionali nei film. È forse più noto al pubblico di lingua inglese per il suo ruolo di Bussetta, bodyguard di Michael Corleone e boia di Johnny Ola in  The Godfather Part II (Il padrino – Parte II, 1974), diretto da Francis Ford Coppola e interpretato da Al Pacino.

Amerigo Tot è stato legato all’artista croata Eva

Amerigo Tot apparve in Satyricon (1969) di Gian Luigi Polidoro, ne La moglie più bella (The Most Beautiful Wife, 1970) di Damiano Damiani, ne La Califfa (1970) di Alberto Bevilacqua, e in Cuore di cane (1976) di Alberto Lattuada

Inoltre, comparve anche in Pulp (1972), diretto da Mike Hodges, nel quale interpretò il partigiano Sotgio.

Amerigo Tot morì a Roma nel 1984.

Amerigo Tot e Eva Fischer con Salvador Dalí

 

Mario Verger © 2020 – Tutti i diritti riservati

 

The mystery of the animated Pinocchio of 1936

and other lost treasures

new observations on early Italian animated film

 

Le avventure di Pinocchio: la CAIR di Romolo Bacchini, con il figlio Carlo Bachini, di spalle, con la testa piegata di lato

Text by Stefano Galeone – Traslation by Kristen de Joseph

 

Raffaella Scrimitore’s recent publication, Le origini dell’animazione italiana (Tunué, 2013), with a preface by Giannalberto Bendazzi [1], has shed new light on animated film studies. The work focuses mainly on the period from 1911 to 1949/1950, and marks the first attempt at a complete survey—insofar as it was possible—of the writers, films, techniques and styles of this type of production in Italy.

Sagome di Barbara per Pinocchio

The films Scrimitore includes are of vital interest, and in Italy their study constitutes a field in itself, distinct from that of “real-life” or live-action film. Between the 1950s and the 1970s, many works were published in this field; nonetheless, they lack any “scientific” value, as they contain no overt references to articles, interviews or other sources. The conclusions of these works may often be disjointed and confused, but they nonetheless constitute the first important attempts in the field. Nowadays, we doubtless have better resources at our disposal.

In recent times, the most relevant contributions have certainly been those of Bendazzi—noted expert on animation, the works of Quirino Cristinai in particular—as well as those of Mario Verger. [2] Scrimitore’s survey takes account of previous works by Bendazzi, Verger and other experts. Her most significant contribution consists in having reviewed and enumerated the works that survive in some Italian film archives and those that demand immediate restoration (in particular, Spanò’s Barudda è fuggito and Chierchini’s Volpino e la papera ribelle, which are found at the Micheletti Foundation beside works from the Gavioli brothers’ Gamma Film society). It nonetheless seems that films like Spanò’s Barudda è fuggito and several films of Carlo and Vittorio Cossio or Gustavo Petronio (Arrigo e il suo tigrotto, for example) may also survive elsewhere.

As Mario Verger reports:

«On more than one occasion, Prof. [Attilio] Giovannini—whose Guida alla pubblicità cinematografica I much enjoyed—filled me in on almost all that happened over 50 years in the world of Italian animation: from his friendship and collaboration with Nino Pagot in the Fratelli Dinamite era; back to stories of war time, like the anecdote about the bomb that had destroyed Pagot Film at that time, which he revealed was actually just a pretext for postponing the release of the short film series Tolomeo, which was then compiled into a feature film; and onward to the first TV ads, the birth of Calimero and very many other unique stores.

In 1991, he invited me to Milan to view some films with the Moviola, ones he had in his personal collection, just before he turned them over to Rai; I recall, in particular, some of Triestine pioneer Gustavo Petronio’s first shorts for his Arrigo e il suo Tigrotto series, Carlo and Vittorio Cossio’s Zibillo e l’orso, Antonio Rubino’s Nel paese dei ranocchi, Umberto Spanò’s Barudda è fuggito and some others that were on TV years ago on Mario Accolti Gil’s show, Le mille e una sera; in the same way, as a guest of Giovannini, I also enjoyed the many celluloids, printed on old, flammable material, from the collection he’d accumulated over 50 years. Unfortunately, it seems that the Rai at present doesn’t “remember” where the “Giovannini Collection” ended up». [3]

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

Carlo Montanaro confirms that most of Attilio Giovannini’s collection was turned over to Rai, and that many short films that are now believed lost had actually been broadcast on shows like Mille e una sera and Pubblimania. Another part of this archive should be found at the Cineteca de Friuli. [4] Scrimitore’s book, moreover, mentions still other films, both finished and incomplete, that could one day return from oblivion. It is no doubt very useful for every researcher to have such an “updated” list of the films that await rediscovery.

Only seldom does the author refer to films of the period that featured puppets and marionettes. One example of this is the 1936 film I quattro moschettieri, from Modenese director Campogalliani, one of the many marionette films of the time. In fact, this is the only Italian feature film realized entirely with the use of marionettes (except in the brief introduction before the opening credits), hence its vital historic and cinematic interest.

As the author writes in her introduction, her work is intended as a crucial first step that she hopes “will pave the way for new inquiries, clues and revisions”. [5] It is to this end that I hope to make a contribution.

Mario Verger has published an important article about the works of Luigi Libero Pensuti. [6] Both Verger and Scrimitore claim that Crociato ‘900 and La taverna della TBC (or La taverna del tibiccì) are the same film. A recent restoration of some of Pensuti’s works by the Cineteca di Milano—prompted by the acquisition of a film archive from Giulia Ciniselli—has revealed that they are instead two different films.

Perhaps Il bacillo di Koch and Il francobollo benefico could both form part of Crociato ‘900, as the lead characters are precisely this bacillus and stamp, and because the two films date to the same year.

Verger’s article elsewhere mentions that Ahi Hitler! and Un idillio a Ginevra are the same film, a view that Scrimitore doesn’t share; Scrimitore dates the first film to 1934 (in fact, it was traced in a Rivista Luce from that time), and the second between 1940 and 1942. It is currently unknown whether they are the same film, and whether the date 1940 to 1942 is an error.

Certainly, thanks to the Cineteca’s restauration efforts, today we know of further films that the two experts had not considered: Campane a stormo! (1931), Squilli di vittoria (1938), Colpi d’ariete (1940) and Tappe di vittoria (1940). The restoration also revealed a 1938 film, Il pericolo pubblico n.1 (whereas Verger and Scrimitore refer to a 1932-1934 film called Nemico pubblico numero 1). There is currently no trace of the animated feature films on the theme of tuberculosis that Verger mentions in his article. [7]

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

The life and works of the Modenese artist Gino (or Luigi?) Parenti are shrouded in mystery. A recent search that Stefano Bulgarelli and I undertook in the vicinity of Modena and Reggio Emilia proved fruitless. There is little information about Gino Parenti’s film La secchia rapita, and all of it is second-hand. On the other hand, we know with certainty that the Cossio brothers tinkered with Tassoni’s poem for their own version of La secchia rapita, many cels of which still exist. The Cossios’ film, produced by SICED with the Gualtierotti system, was mentioned in an article by Filippo Sacchi in the Corriere della Sera, titled “Nei laboratori del cartone animato italiano”. The article also discusses the animated work-in-progress I figli della lupa, with story and illustrations by renowned artist Amerigo Bartoli, as well as an enjoyable SICED cartoon, La meccanica del proietto, that had already been aired. [8]

As for Parenti, we do know for certain that the Modenese illustrator and humorist, who died in the Reggio area, worked on the film Il prode Anselmo in 1936. In the book Bibidi bobidi bu: la musica nei cartoni animati da Betty Boop a Peter Gabriel, the authors write, “With the help of symphonist Daniele Amfiteatroff alone, the humorist Gino Parenti created Il prode Anselmo (1936)”. [9]

Raffaella Scrimitore, however, writes that there is no evidence that Parenti’s La secchia rapita was ever realized, and that Il prode Anselmo dates back to 1941. She credits the music of the two films respectively to Massimo and Alessandro Amfiteatroff (or Amphiteatroff). However, there is no information about the first film in journals from that time, and the date of the second film was confirmed in a La Stampa article from Tuesday, March 16, 1934, which reported that they planned to start production that very day. [10] The hypothesis that Daniele Amfiteatroff (A/K/A Amfitheatrof) composed the music for Parenti’s films would also be more likely (the father, Alessandro, was a writer, and the brother Massimo—whom Zanotto names as the composer—was a cellist).

With respect to the works of Antonio Attanasi—another person of interest—it is worthy of note that his Pulcinella cetrulo d’Acerra is a short feature film, and is currently still extant, while the feature film I picchiatelli (or La montagna tonante) was distributed regionally after its completion, a fact that relatives of the director confirm. As for Gibba and his oeuvre, it’s interesting to note that Le avventure di Rompicollo (also known as Dan e Pamela) was actually completed.

Gibba himself attests that Nino Rota had already composed and even recorded some music for the film; while the production went bankrupt in just a short time, the film would later be taken over and brought to completion by Perogatt (Carlo Peroni) at the invitation of Raniero Materazzi’s new partners. Gibba assured me that he had seen—but not enjoyed—the completed film, as the style of the first half of the film differed substantially from that of the second. The film probably had no distribution. Years later, Peroni told Gibba that he had tracked down the copy of the film. The death of Peroni  leaves us with no solution to the mystery of this film for now.

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

The story of the 1936 Pinocchio remains the most intriguing, if for no other reason than its being the first Italian animated feature film, and possibly the first ever feature film produced in color by means of traditional animation. There was actually said to be an earlier work, a black-and-white Vita di Mussolini from 1927, by Guido Presepi. The first source to mention this was Zangrando, in his celebrated L’Italia di cartone [Italy Animated] [11], andafterwards also Rondolino [12].

Verger would later offer more information about this in his article:

«Given the experience that he was acquiring, Presepi was the first Italian to attempt an animated feature film, virtually by himself, with 1927’s Vita di Mussolini. Produced by the Lo Spettacolo company, the film, with a total duration of one hour, revealed Presepi’s perhaps too-anarchic mentality; after he completed most of the film, the producers didn’t approve it and halted production. Disappoined by the failed enterprise, within a few years he abandoned animation but continued to busy himself with film and theater.» [13]

Even in this case, however, the facts are often unreliable or incomplete. We don’t know with certainty whether work on the film was ever started or completed. Verger himself has told me Presepi’s relatives were not aware of this project about which rumors accumulated over the years. No documentation of the film’s existence has yet been found.

In his foundational book on animation, “Gec” Gianeri includes many “mysterious” frames connected to the 1936 Pinocchio, which he discusses as if he’s actually seen it; in the book, he mentions an even earlier animated Pinocchio, which the Japanese animator Naburo Ofuji completed in 1932:

«Strange as it seems, the first attempt at an animated Pinocchio was an Oriental Pinocchio with almond eyes, flanked by a Mongolian Geppetto, a Fairy with Turquoise Hair in the style of a refined geisha, a Green Fisherman in the form of a bearded samuraj [sic]. The Cinematografia Nipponica hoped to make its animated debut, in 1932, with a film about the story of the immortal puppet. The yellow Pinocchio was, at its time, the longest film in animation. It was started in 1929, and required three years of assiduous and meticulous work. It was completed only in October 1932, and demanded the efforts of no less than 52 expert animators under the lead of Noburo Ofuji, at the time still a novice himself. Aside from being the first animated feature film, the Japanese Pinocchio is also considered the first color animation; while not the entire film, at least some scenes were vividly colored thanks to a special chemical procedure. The film, which is divided into three parts, debuted to box-office success and critical acclaim in December 1932.» [14]

Until today, not much is known about this film. Some critics of the time praised the film, and even concluded that it was notably superior to the Walt Disney version of 1940. Some experts believe that the film was confiscated by censors [15], and in fact, Bosio’s article in Turin’s La Stampa definitively confirms this theory:

«Last year, none other than a Japanese film company hoped to screen a film about Pinocchio; it seems that this film has been completed, but since the company hadn’t made an agreement on the rights to the book beforehand, and didn’t want to buy the rights afterward, the film was justifiably withdrawn.» [16]

If the censors withdrew the film for copyright reasons, it may still be in some archive. The rights to Pinocchio were probably also a factor in Attanasi’s film from 1935 (which, beset with a lack of collaborators and funds, was likely started but never completed) and almost certainly also in Ugo Amadoro’s short film, whose lead character was described as a “bizarre, elastic puppet, originally funny,” similar to but not explicitly identified with Pinocchio, realized with silhouette animation, and about which we don’t know much more. [17]

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

Luca Mazzei adds this in his very important study:

«Enrico Bemporad turned over the rights to the cinematic reproduction to Enac, and Enac turned them over to Caesar (Film) on May 3, 1929 for the period until December 31, 1940. Barattolo’s Caesar stated that they would produce two films: Mimì bluette, fiore del mio giardino and Pinocchio itself. Tothis end, they also organized a competition in the Kines journal for the purpose of selecting the lead actors. This is obvious in the pages of Kines, where the competition was announced in issue 28 (June 1931), and concluded in issue 42 (October 18, 1931) (when the data of the participants was mailed to the company in a parcel). However, it should be noted that, neither in the articles Kines published about its own competition, nor in other articles in the same or previous issues, was there any reference to the films in which the selected actors would play a part, nor to the plans of the production company.» [18]

Today, experts agree that the Caesar Film (or Cesar Film) project was intended to be a live-action production from the start. There is some testimony to the contrary, however. Many past experts (from Gianeri to Savio, to name just a few) have mentioned Caesar in connection with their efforts to create the first Italian animated feature film on Pinocchio; the company is said to have reunited the illustrators of Marc’Aurelio [Marcus Aurelius] under the direction of the much-cited Umberto Spanò (a/k/a Umberto Spano). [14] [19] Gianeri mentions a film very different from the one later attempted by C.A.I.R., a feature film in which “only a few frames should have been in color” and in which “the illustrators strived to distinguish themselves artistically from the famous cliché of Attilio (Mussino).”

The thesis finds confirmation in the words of the animators who took part in this next C.A.I.R. production (such as Ennio Zedda). In an issue of Scenario, Paola Pallottino also mentions Mario Pompei’s set design (“Il Paese dei balocchi” [The Land of Toys]) for an animated Pinocchio in 1931, although the issue contains no explicit references either to an animated feature film nor to Caesar-Film. [20]

Mazzei mentions a work of Maria Jole Minicucci in which she discusses a letter from Bemporad, delivered to MGM’s Rome office on January 26, 1933, in which they write that Caesar can no longer continue the Pinocchio film project; Bosio, in the above-mentioned article, seems to clarify exactly how it went:

«About four years ago, at the inauguration of the new Caesar-Film, the honorable Barattolo had announced that he would film a live-action Pinocchio, but with intentionally stylized costumes and sets. […] The screenplay, if we’re not mistaken, was by Febo Mari, and they said it was full of enjoyable witticisms. Most of the actors had been cast, and Mario Pompei had designed the set, props and costumes, all in truly excellent taste. However, on the first day, in a theater, we found some sets already assembled, but then, as often befell this company, everything went awry, and the constructed sets—conveniently modified—were used by Amleto Palermi to film some scenes of Emma Gramatica’s first film, La vecchia signora! (released in theaters in 1932).»

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

Unfortunately, it’s not possible to retrieve any articles or sources from that period which explicitly state that there was such an important and ambitious project as that of animated feature film before that of C.A.I.R., and records from that time describe a Caesar film intended to have “flesh-and-bone actors” in the first place. The idea of an animated feature film “from 1935”, prior to the C.A.I.R. experience, thus seems to be a misconception. In the same article, Bosio correctly describes the role of C.A.I.R. once it succeeded Caesar:

«So the international copyright on the adventures of this beloved puppet […] had now been purchased by C.A.I.R. […] Barbara took us on to visit their new establishment. We went down an alley beside the university, though an old gate that also led down to the gallery of the Teatro Valle. On the third or fourth floor, we stopped in front of a door with a shiny plaque on which the letters ‘C.A.I.R.’ were clearly written.»

The writer of the article confirms that the Bacchini brothers created the work; he cites two further animated films the brothers completed (Dalla terra alla luna and La morte ubriaca, which had not yet been released in Italy at the time, but had been distributed abroad, where they would have achieved success), mentions Maestro Umberto Giordano’s possible involvement in the musical score (he would later be replaced by Romolo Bacchini, probably due to budget constraints), and names the renowned illustrators that took part in the project.

In October of the same year, a certain M. G. mentioned a production, “almost at the finish line”, that consisted of a 90-minute film to be converted to color with the Catalucci system. He further specified that the film would be a “prelude” to the production of many other short color films with Pinocchio as their star. [21] Agorient seconds this claim in a 1935 article that appeared in L’Italia Marinara.

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

The same article also mentions “C.A.I.R.’s exclusive right to adapt, represent, condense and portray [Collodi’s] Pinocchio”, as well as the distribution of the film in France, Germany, Spain and the U.S.  Moreover, he tells of a «Pinocchio who impersonates a minstrel and who will gracefully sing a beautiful romanza, while the dance of the martens will be riotously funny.» [22]

In July 1936, the prospects were rosy, and just about every source mentions an imminent release date, probably in the fall of the same year. On July 18, 1936 it was announced that the film would officially be screened in Buenos Aires:

«Under the leadership of Cervini and the technical direction of Tito Sansone, the Latina Film company was established in the capital; the company aimed to distribute Italian films chosen on the merit of their artistic character, and above all which corresponded to the new rhythm of Italian life. Latina Film had close ties to the U.N.P.P., the body established in Rome as a dependency of the Direzione generale della Cinematografia, which allowed them the distribution rights to all Italian productions in South America. They thus represented the following films, among others: Scarpe al soleLe avventure di PinocchioLorenzo De’ MediciGinevra degli AlmieriBallerineRe Burlone and L’Africano[23]

This doesn’t mean that the film had actually been finished and screened; however, it is abundantly clear that it was in an advanced stage of production. The De Vecchis handled the international distribution, and in the course of the year 1936, in all the film journals of the period, there were film stills and announcements that hailed the film’s upcoming release. By November of that same year, however, enthusiasm seemed already to have waned.

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

The journal Lo Schermo wrote, «The De Vecchis have been promising a Pinocchio for ages» [24]; La Stampa (among others), which had avidly followed the film’s production, made no mention of it at all in 1937, whereas in 1938 they started to wax enthusiastic about a Walt Disney production that had secured the rights to the work in the meantime. [25] [26] On April 5, 1938, La Stampa’s M. G. put it rather explicitly: «nothing further was known» about our Pinocchio, so it probably was either never finished or distributed.

The same journalist also points to previous, unrelated attempts at an animated feature film, none of which came to fruition. Hopes dwindled even for La Vita di Mussolini and other, similar efforts of the period. [27] In 1939, the journalist refers to a film that had definitively failed:

«What fault do I and our producers bear, if Collodi is an Italian writer, and yet there is no man in cinema who knows how to competently transfer Collodi’s creatures to the silver screen? If it would have been enough just to want it, to desire it, then all the problems of our industry would be resolved in the blink of an eye; to resolve them, though, there is only one solution: to work hard.» [28]

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

In a 1992 interview with Mario Verger, Mameli Barbara, one of the film’s most celebrated collaborators, recalled that the production of the film was rather tumultuous, due to a non-existent script and work conditions that were amateurish and “innovative”, to say the least.

«For example, the album for the overlapping sheets was made of two simple pieces of wood. We had no equipment and the drawings were shot one by one with an ordinary camera, very imprecisely. I never saw the complete film. Every so often we [turned the photographs into] a roll of film, but since it was all so unstable, I refused to see it. At a certain point, the film was halted due to lack of funds.» [29]

Walt Disney, who had been interested in Pinocchio as early as 1934, staked his “claim” with the Motion Picture Producers and Distributors of America, and announced the project to the press in 1935; by the end of 1936, he was already able to compete for the rights to the book, and in 1937 he started work on his film adaptation. [30] [31] A 1936 article states that the rights were “exclusively” in the hands of C.A.I.R., and thus Disney had to abandon the project for some time. [32] The contract was finalized only in June 1938.

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

From this point on, all traces of this “most Italian” production vanish. In a recent article, Bono cites Don Carlo Gnocchi’s article, “Oltre il cinema”, from the August 1939 issue of Mammina, in which he discusses the Italian film as if it had actually been realized. The other newspapers, however, make no mention of it, and write only about the upcoming release of the Disney film. In the same piece, Bono relates the unfavorable conditions Disney imposed on C.A.I.R. in 1938:

«C.A.I.R. withdrew from the contract drawn up with Bemporad, which was turned over to Disney; renounced their present and future claims to Pinocchio; and agreed to destroy all the material, illustrated and filmed, produced up to that moment, and to do this in exchange for a compensation of 370,000 lira.» [33]

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

Unfortunately, this does not contradict the situation that Verger describes, namely, that «Raoul Verdini had made a second attempt to complete the film on his own, endeavoring to color it with the aforesaid Catalucci system, but not succeeding in his aim.» This undertaking would have dated to 1936, the year in which C.A.I.R. found itself not only short of funds but also tied to Bemporad.

The film should thus have been destroyed. However, we can’t exclude the possibility that some “collector” or, more likely, someone financially or artistically involved in the film’s production, charged with liquidating the aforesaid materials, could have preserved that fruit of two years of difficult and ambitious work.

Moreover, there are some clues that the materials could somehow have landed in the hands of Walt Disney; the rumor is not as baseless as it seems. Besides Verger, who probably reported this “hearsay” based on an interview with Mameli Barbara, other sources also corroborate this claim.

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

Ennio Zedda (1910–1993), who had an active role in the production of the film, confirms in a 1985 interview with Silvia Pompei that the C.A.I.R. film, despite being promoted as a color feature film from the start, was instead filmed in black and white; the issue of how to color it was postponed to a later date. Furthermore, he relates that a film score had to have been composed—since illustrators had specific “musical” instructions [on how to accomodate the score]—and that there was also a screenplay (even if it was probably more of an outline). The first half of the film had been completed, and it had demanded two years of difficult, inconsistent work on the part of the few collaborators (some 30 people). By the time C.A.I.R. shut it down, the first half of the film had already been synchronized with the music and dialogue, and they had begun working on the second half, which Verdini would later try to complete on his own.

The negotiations between Walt Disney and the film’s shadowy sponsors, such as a certain lawyer named Todaro (though other sources mention the lawyers Aldo Alboretti and Giuseppe Busala as mediators) are described in detail:

«… I don’t know what became of our 50,000 sketches. They demanded the material; it was in the contract. They reimbursed all the lawyer fees, the fees that he always complained about. After the first part of the film, which had been finished, [Todoro] halted all the work. Disney claimed everything. They brought the film cannisters in trunks, and Disney and Disney Studios paid the laywer handsomely, plus they gave him more money.

The lawyer was very pleased [despite the bankruptcy]. They accrued expenses like never before with this film. […] Verdini was told nothing at first. They told Verdini that he would take a break, that the illustrators would take a rest, and that in 15 days he would be back to work. But Verdini went ahead with the scenes. Disney contacted Todaro, the lawyer, directly, and asked who had the rights to the cartoon. He replied that they and Verdini himself had them. Disney made a proposition, and Verdini had no reason to refuse [since, in the meantime, there had been arguments and even a lawsuit with respect to the film’s production]; he was ordered to hand over everything—celluloids, cannisters, down to the last drawing.» [34]

Zedda’s testimony, however, does not rule out that the materials could ultimately have been destroyed. He says only that “the Americans” did away with all the materials, but he too wonders what happened to them.

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

A 1968 article in La Stampa, on the production of Cenci’s Pinocchio, is less conclusive, and leaves some room for hope:

«The last [Pinocchio] was one started by a group of illustrators who were collaborating on the satirical magazine Marc’Aurelio at the time: Verdini, Attalo and Barbara. They illustrated and animated several sequences, but their styles were too different and the money began to run dry, at which point the work was not only interrupted but handed over to Walt Disney, along with the rights to the film adaptation of the eternal fable, who then created a Pinocchio all his own—that is to say, very American, little Collodi.» [35]

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

In the end, it can be said that much work has been done, and that the recent contributions of Mario Verger, Raffaella Scrimitore and other experts to the field of early Italian animation are of fundamental importance, however long and full of doubts the road ahead may be.

Many films, even recent ones, have been lost like Titanus’s Mondo animato n.1, with animations from the USSR set to the scores of Morricone, Umiliani, Fidenco and Trovajoli; the UNICEF cartoon series I dieci diritti del bambino (or Dieci per sopravvivere), directed by Cesare Perfetto and Manfredo Manfredi and scored by Morricone, Rota, Bacalov, Macchi and Evangelisti; the part animated, part live-action 200,000 leghe nello spazio, directed by Marcello Baldi for Corona Cinematografica …

Some very recent rediscoveries offer us reason to hope: these include Luigi Liberio Pensuti’s L’igiene di Tombolino (1932–1934) and the animated short Non è più un sogno, whose creators are unknown, but which was commissioned by FIAT in 1932.

Fotogrammi originali de Le avventure di Pinocchio

As for the works of Italian-born animation pioneer Quirino Cristiani and those produced by his apprentice and collaborator Andrés Ducaud, the hope is that, now or later, Buenos Aires will take an interest in the matter and open the door to further research in this field. Tracking down the relatives of Federico Valle, Guillermo Franchini or even Yrigoyen could perhaps yield some clues. The Savoia family, meanwhile, could possibly shed light on Cristiani’s 1924 short film Humbertito de Garufa, dedicated to Umberto di Savoia, whom the director personally presented with a copy of the film. Even Disney could perhaps have copies of Cristiani’s films. Walt Disney and Cristiani met each other in 1941, well before the two fires that destroyed nearly the entire body of Cristiani’s work, and it’s not impossible that Cristiani could have given Disney some of his works in the hope of future collaboration. [36] [37]

The research has only just begun…

 

Stefano Galeone © 2020 – Tutti i diritti riservati

 

Le avventure di Pinocchio

«Le avventure di Pinocchio» di Attalo, Verdini e Barbara

Silvia Pompei — Mario VergerStefano Galeone

 © 2020 – Tutti i diritti riservati

 

 

JAcknowledgements (in alphabetical order):

 

 

Angelica Attanasi,

 

Cesare Ballardini (Biblioteca Renzo Renzi di Bologna),

 

Giannalberto Bendazzi,

 

Stefano Bulgarelli,

 

Marco Chiariglione (Biblioteca Civica Centrale di Torino),

 

Francesco Maurizio Guido (Gibba),

 

Alessandro Michelini,

 

Paola Pallottino,

 

Luisa Peroni,

 

Raffaella Scrimitore,

 

Chiara Tognolotti

 

 

Le immagini del film e della produzione C.A.I.R. provengono da:

– Archivio storico de “La Stampa”

 

– Lo Schermo. Rassegna mensile di cinematografia (anni 1935 – 1936)

 

– Cineomnia. Notiziario quindicinale di cinema (5 dicembre 1935)

 

– L’Italia marinara. Mensile illustrato della Lega Navale Italiana

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Il Pinocchio incompiuto 

Testo di Mario Verger

 

[1] Lettera di Silvia Pompei a Mario Verger, datata 2 ottobre 2018

 

[2] Mario Verger, Il Pinocchio incompiuto, Note di Tecnica Cinematografica, pp. 34-35, N. 3, Roma, 2001

 

[3] Gec – Enrico Gianeri, Storia del cartone animato, Editrice Omnia, Milano, aprile 1960

 

[4] Mario Pintus, A…come animazione, Tipografia Artigiana Sassari, 1975

 

[5] Walter Alberti, Il cinema di animazione (1832-1956), ERI, Torino, 1957

 

[6] Ermanno Comuzio, Cineforum – Rivista di Studi Cinematografici, n. 53, 1966

 

[7] Piero Zanotto, Disegni e pupazzi animati di ieri e di oggi, Volume 12 di I quaderni della Rivista del cinematografo, Editore Arti grafiche Scalia, 1965

 

[8] Piero Zanotto, I disegni animati, I Radar s.X n.3, Padova, RADAR, 1968

 

[9] Fiorello Zangrando, Ombre italiane – storie dei disegni e pupazzi animati, Osservatore politico letterario, Milano, 1968

 

[10] Piero Zanotto, Fiorello Zangrando, L’Italia di cartone, Liviana Editrice, Padova, 1973

 

[11] Giannalberto Bendazzi, Topolino e poi. Cinema d’animazione dal 1888 ai giorni nostri, Edizioni il Formichiere, 1978

 

[12] I due cartoni animati: Dalla terra alla luna e La morte ubriaca, di cui si fa vanto il regista Romolo Bacchini, erano stati invece realizzati sempre a Roma da Luigi Liberio Pensuti

 

[13] Gastone Bosio, Pinocchio sullo schermo, La Stampa, 12/02/1935 – numero 37 pagina 6

 

[14] Mario Verger, Cacasenno e i piccoli grandi Eroi, in MARIO VERGER – An Italian Original, Introduzione di Luca Raffaelli, Eidon Edizioni, 2014, pp. 310-311

 

[15] Antica piazza del centro di Roma

 

[16] Alcune fonti accreditarono la regia de Le avventure di Pinocchio a Umberto Spanò, mentre Barbara non l’aveva mai sentito nominare, confermandomi che il regista del film era Romolo Bachini

 

[17] Mameli Barbara mi confermò i 150.000 disegni di cui accennò il critico Lo Duca. Cfr. Lo Duca, Le dessin animé, Prisma, Paris 1948, p. 61

 

[18] Piero Zanotto, Petite histoire du cinéma d’animation VI : En Italie et en Belgique, in Cinéma et Terre des hommes II,  Number 47, 1966, pp. 45-46

 

 

Il mistero del “Pinocchio” animato del 1936 e altri tesori scomparsi – The mystery of the animated Pinocchio of 1936 and other lost treasures

Testo di Stefano Galeone – Text by Stefano Galeone – Traslation by Kristen de Joseph

 

References

[1] Scrimitore R, Le origini dell’animazione italiana: la storia, gli autori e i film animati in Italia 1911-1949. Prefazione di Giannalberto Bendazzi. Tunué, 2013

 

[2] Verger M, articoli vari. Rapporto Confidenziale: rivista digitale di cultura cinematografica https://www.rapportoconfidenziale.org/?p=9635

 

[3] Verger M, Cartoni d’Italia – Introduzione. Rapporto Confidenziale: rivista digitale di cultura cinematografica https://www.rapportoconfidenziale.org/?p=10359 

 

[4] Montanaro C, C’era una volta l’animazione italiana. Cabiria 177, 23/07/2014

 

[5] Scrimitore R, op. cit. 9-10

 

[6] Verger M, Biografie: Luigi Liberio Pensuti. Rapporto Confidenziale: rivista digitale di cultura cinematografica https://www.rapportoconfidenziale.org/?p=9637

 

[7] Pensuti L L, L’arte della comunicazione: il cinema di animazione di Luigi Liberio Pensuti (1931-1940). I tesori del MIC in DVD, 2014

 

[8] Sacchi F, Corriere di cinelandia: nei laboratori del “cartone animato italiano”, Corriere della sera 7 dicembre 1935 – Anno XIV

 

[9] Michelone G Valenzise G, Bibidi bobidi bu: la musica nei cartoni animati da Betty Boop a Peter Gabriel. Castelvecchi, 1998. 30

 

[10] Bosio G, Il prode Anselmo. La Stampa 16 ottobre 1934 – Anno XII. Cine-Stampa 6

 

[11] Zanotto P Zangrando F, L’Italia di cartone. Liviana, Padova, 1973

 

[12] Rondolino G, Storia del cinema d’animazione: dalla lanterna magica a Walt Disney, da Tex Avery a Steven Spielberg Einaudi, 1974

 

[13] Verger M, Cartoni d’Italia – Le origini. Rapporto Confidenziale: rivista digitale di cultura cinematografica https://www.rapportoconfidenziale.org/?p=10357

 

[14] Gianeri E, Storia del cartone animato. Omnia Editrice s.r.l. Centro Grafico Italiano, 1960

 

[15] Montosi A, Pinocchio di Noburo Ofuji – Sulle tracce di un film perduto. Blog 10 maggio 2014  https://alemontosi.blogspot.it/2014/05/pinocchio-di-noburo-ofuji-sulle-tracce.html

 

[16] Bosio G, Pinocchio sullo schermo. La Stampa 12 Febbraio 1935 – Anno XIII. Cine-Stampa 6

 

[17] Antonini A, Tognolotti C, Burattini animati. Le avventure di Pinocchio nel cinema animato italiano. Studio 23 luglio 2014

 

[18] Mazzei L, L’italiano di legno (o le straordinarissime avventure di un burattino chiamato Pinocchio all’interno del primo cinema italiano). Studio

 

[19] Savio F, Ma l’amore no: realismo, formalismo, propaganda e telefoni bianchi nel cinema italiano di regime (1930-1943)>. Sonzogno, 1975

 

[20] Pallottino P (a cura di), Mario Pompei scenografo, illustratore e cartellonista 1903 – 1958. Electa, Milano 1993

 

[21] M. G., Dietro lo schermo – Nuove avventure di Pinocchio. La Stampa 29 Ottobre 1935 – Anno XIV 3

 

[22] Agorient, Indiscrezioni su “Le avventure di Pinocchio”. L’Italia Marinara 12 Dicembre 1935 – Anno XIV

 

[23] Pellicole italiane nel Sud-America. La Stampa – Ultime notizie 18 Luglio 1936 – Anno XIV

 

[24] Bonfiglio F, Topolino ha otto anni. Lo Schermo – rassegna della cinematografia Novembre 1936 – Anno XV

 

[25] M. G., Dietro lo schermo – Disney sta lavorando a “Pinocchio”. La Stampa 31 Maggio 1938 – Anno XVI 3

 

[26] M. G., Dietro lo schermo – Il nuovo film di Disney >. La Stampa 12 Luglio 1938 – Anno XVI 3

 

[27] M. G., Dietro lo schermo – Disegni di oggi e di domani La Stampa 5 Aprile 1938 – Anno XVI 3

 

[28] M. G., Dietro lo schermo – Riduzioni cinematografiche di opere letterarie. La Stampa 10 Gennaio 1939 – Anno XVII 3

 

[29] Verger M, Il Pinocchio incompiuto, in Note di tecnica cinematografica, nº 3, Roma, ATIC, luglio-settembre 2001, pp. 34-35.

 

[30] Kaufman J B, Pinocchio the making of the Disney epic, The Walt Disney Family Foundation Press, 2015

 

[31 ] M. G., Dietro lo schermo – propositi di Disney. La Stampa 23 Luglio 1935 – Anno XIII 3

 

[32] M. G., Dietro lo schermo – disegni animati italiani. La Stampa 7 Luglio 1936 – Anno XIV 3

 

[33] Bono G, Pinocchio storia di un film tanto atteso. Le avventure di Pinocchio, Giunti 2016

 

[34] Pompei S, Intervista ad Ennio Zedda. Registrazione, Roma 1985

 

[35] P. Z., Pinocchio ritorna sullo schermo. La Stampa 16 Gennaio 1968 7

 

[36] Bendazzi G, L’uomo che anticipò Disney. Con uno scritto di John Halas. Tunué, 2007

 

[37] Zucchelli G, Quirino Cristiani, the mystery behind the first animated movies. Documentario, 2007

 

 

The images from the film and the C.A.I.R. production are courtesy of:

  • Archivio storico de “La Stampa”
  • Lo Schermo. Rassegna mensile di cinematografia (anni 1935 – 1936)
  • Notiziario quindicinale di cinema (5 dicembre 1935)
  • L’Italia marinara. Mensile illustrato della Lega Navale Italiana

 

 

 

THE ADVENTURES OF PINOCCHIO

 

REFERENCES:

 

The Adventures of Pinocchio (unfinished Italian animated film; 1936)

https://lostmediawiki.com/The_Adventures_of_Pinocchio_(unfinished_Italian_animated_film;_1936)

 

 

WIKIPEDIA PAGES

 

Wikipedia English:

The Adventures of Pinocchio (unfinished film)

https://en.wikipedia.org/wiki/The_Adventures_of_Pinocchio_(unfinished_film)

 

Wikipedia French:

Les Aventures de Pinocchio (film, 1936)

https://fr.wikipedia.org/wiki/Les_Aventures_de_Pinocchio_(film,_1936)

 

Wikipedia Italian:

Le avventure di Pinocchio (film incompiuto)

https://it.wikipedia.org/wiki/Le_avventure_di_Pinocchio_(film_incompiuto)

 

IMDb page

Le avventure di Pinocchio (1936)

https://www.imdb.com/title/tt0278332/

 

Project Gutenberg article

http://gutenberg.us/articles/The_Adventures_of_Pinocchio_(1936_film)

 

Un esperimento italiano: Le avventure di Pinocchio

Un esperimento italiano: Le avventure di Pinocchio

 

Pinocchio allo schermo – Xedizioni di J. Comin

http://www.xedizioni.it/upload/1935-23-Pinocchio-p.pdf

 

 

 

«Le avventure di Pinocchio»

di Attalo, Verdini e Barbara

 

 

di

Silvia PompeiMario Verger Stefano Galeone

 

© 2020 Mario Verger – La Fabbrica dell’Animazione

Tutti i diritti riservati

Le avventure di Pinocchio — Prod. CAIR