«Ad Atene facciamo così: qui il nostro governo favorisce i molti, invece dei pochi, e per questo viene chiamato Democrazia» – Tucidide
Cosa è davvero successo in Grecia tra l’Ottobre 2009 e l’Aprile 2010?
ATENE – Il 4 ottobre 2009 sembra un giorno come tutti gli altri, una vittoria elettorale come tante altre: l’ennesimo Papandreou succede all’ennesimo Karamanlis. Due dinastie famigliari solite ad alternarsi al governo, svariate decadi di una nazione: la Grecia. E il continente a nord di Creta, non sarà più lo stesso: Europa, principessa fenicia amata e venerata da Zeus.
Oltre 2.555 giorni di “crisi”, da “krino”. “Separare”, la granella di frumento dalla paglia e dalla pula. “Scegliere”, “decidere”. E il 18 ottobre, il governo Papandreou denuncia che i conti dello Stato sono stati truccati: il deficit pubblico è in realtà il doppio di quanto previsto dal governo Karamanlis: il 12,7% del pil, quando il limite europeo è il 3%. A fine anno viene addirittura rivisto al rialzo: 15,8%, con una economia nazionale già in recessione.
La bomba è innescata: la culla del Pensiero, della Lingua e della Democrazia e specchio d’occidente, finisce sotto il bersaglio delle agenzie di rating, ormai ostaggio delle grandi banche internazionali Durante i primi mesi del 2010, i titoli decennali decollano arrivando ad oltrepassare il 12%, le assicurazioni a 5 anni contro il fallimento dello Stato (cds) schizzano oltre 1000 punti;
il rapporto debito/pil viene corretto al rialzo (115,1%) e lo spread oltrepassa quota 800.
Lo Stato greco è una zattera alla deriva, ormai nel vortice dei tassi di interesse sempre più elevati, che lo portano sul baratro finanziario. La Grecia deve chiedere aiuto.
23 aprile 2010, pochi giorni dopo il congelamento delle pensioni e il taglio agli stipendi dei dipendenti pubblici, George Papandreou annuncia dal porto dell’isola di Megisti la richiesta di sostegno internazionale. Con la firma del primo memorandum arriveranno 110 miliardi di euro (80 dai Paesi dell’Unione Europea, 30 dal Fondo Monetario Internazionale) per tre anni: “abbiamo scelto di salvare il Paese”, dichiara il Ministro delle Finanze George Papaconstantinou.
Ci penserà la troika, non certo la Croce Rossa: una struttura mobile che verificherà, in periodiche missioni, la realizzazione effettiva dei programmi di aggiustamento economico concordati. Per sopravvivere, allo Stato arriverà la paghetta ogni tre mesi, ma una volta controllati i compiti a casa. Le decisioni definitive per quanto riguarda l’assistenza finanziaria e la condizionalità sono prese dall’Eurogruppo (Coordinamento dei Ministri delle finanze dei paesi che adottano l’euro, ndr), che si assume pertanto la responsabilità politica dei programmi.
La Grecia è di fatto commissariata e ormai avviata nel tunnel dell’austerità. Il contagio si estende rapidamente all’Irlanda e al Portogallo: altri piani di sostegno. Poi la speculazione investirà Spagna e Italia. Cipro capitolerà nel 2013: l’epidemia scoppiata in Grecia arriverà sull’isola assieme ai medici della Banca Centrale Europea, della Commissione Europea e del Fondo Monetario Internazionale.
I sacrifici, le cure spacciate ai popoli d’Europa come risolutive contro il virus della crisi, sono costate almeno 21 milioni di disoccupati.
Ma cosa è successo veramente tra l’ottobre 2009 e l’aprile 2010?
La Commissione parlamentare per la verità sul debito pubblico, fortemente voluta dall’ex Presidente del Parlamento Zoe Konstantopoulou, composta da economisti, giuristi, giornalisti ed altri tecnici e professionisti di caratura nazionale ed internazionale, lo spiega nel suo rapporto preliminare reso pubblico nel Giugno 2015 a pochi giorni dal referendum: “Il neoeletto governo di Georgios Papandreou ha revisionato verso l’alto, in modo illegale, sia il deficit pubblico che il debito pubblico.”
Appena prima delle elezioni, il 2 Ottobre 2009, l’Istituto Nazionale di Statistica della Grecia invia all’Istituto Europeo di Statistica Eurostat i dati del debito e del deficit pubblici, che includono le spese ospedaliere: 2,3 miliardi euro. Come per magia, il 21 Ottobre viene pubblicata una cifra gonfiata di 2,5 miliardi. Ecco che il dato complessivo sale a 4,8 miliardi su mandato esplicito del Ministero dell’Economia, ora targato Pasok. Nell’aprile 2010, basandosi sul Rapporto tecnico inerente alla revisione degli oneri ospedalieri del governo, Eurostat include un’altra somma aggiuntiva di 1,8 miliardi di euro. Incredibile: il deficit iniziale contabilizzato prima delle elezioni, arriva addirittura a 6,6 miliardi, nonostante la Corte dei Conti ne abbia approvato solo una parte (1,2 miliardi). “I 5,4 miliardi di euro degli ipotizzati e non verificati oneri, hanno proiettato in alto il deficit pubblico del 2009 e anche quello degli anni precedenti”, scrive la Commissione.
Ma non è finita qui: in una sola notte, il debito pubblico si alza addirittura di altri 18,2 miliardi. In quelle ore viene sciolto il consiglio d’amministrazione dell’Istituto Nazionale di Statistica, così il suo presidente è libero di riclassificare – con l’avallo di Eurostat – le 17 Deko (imprese pubbliche e organizzazioni) e trasferire le loro passività dal settore delle aziende non finanziarie al settore pubblico, violando i criteri normativi per la classificazione delle entità economiche nel settore della pubblica amministrazione.
Secondo il comitato di esperti, grazie ai contratti swap stipulati a suo tempo con la banca d’affari americana Goldman Sachs, l’Istituto Nazionale di Statistica ha aumentato il debito pubblico di 21 miliardi di euro, distribuiti fra il 2006 al 2009. Ecco come il debito pubblico viene incrementato in modo retroattivo, violando le regole della Comunità Europea. Si stima che il deficit del bilancio di previsione 2009 sia balzato da 6 a 8 punti percentuali in totale e che il debito pubblico sia salito di 28 miliardi di euro.
Conclude la Commissione:
- «l’alterazione dei dati statistici era strettamente legata alla drammatizzazione della situazione del bilancio di previsione e del debito pubblico, in modo tale che l’opinione pubblica greca, europea e quella del resto del mondo venisse convinta ad appoggiare le “misure di salvataggio” del 2010 dell’economia greca, alle severe condizioni per la popolazione. Ι Parlamenti dei paesi europei hanno votato per il “salvataggio” della Grecia , basandosi su dati statistici falsificati. Le frequenti dichiarazioni che la situazione andava peggiorando hanno favorito la speculazione sui cds statali greci e, di conseguenza hanno aumentato in modo sovradimensionato e non gestibile, i tassi che venivano richiesti per il rinnovo dei titoli di Stato in scadenza.»
“La Banca di Grecia conosceva la situazione fiscale negativa del paese, perché ha facilitato la speculazione?” chiede la parlamentare greca ed ex Commissario Europeo Vasso Papandreou, Presidente della Commissione Affari Economici, tramite un’interrogazione parlamentare riportata dal Financial Times.
È la Banca Centrale Greca (indipendente dal governo – come prescrive il Trattato di Maastricht – e parte dell’Eurosistema, che fa capo alla Banca Centrale Europea) governata da George Provopoulos (dal 2008 al 2014), che gestisce direttamente il mercato secondario (HDAT), proprio dove si scambiano i titoli pubblici e dove vengono a determinarsi i tassi di interesse e quindi il costo dell’indebitamento del paese. Ed è quindi la Banca Centrale Greca che fissa le regole del gioco.
Ed immediatamente dopo le elezioni del 2009, le cambia: “modifica il periodo di regolamento delle transazioni (da tre a dieci giorni, rimuovendo ogni penalità, ndr). Un intervento tipico dei mercati non regolamentati, dove per dare massima libertà agli investitori, gli si consente di effettuare delle vendite al ribasso per un periodo molto prolungato di tempo. È un atteggiamento tipicamente speculativo e per questo di solito è vietato”, spiega Manfredi De Leo, economista dell’Università di Roma Tre, autore di un approfondito studio a riguardo.
Manfredi De Leo aggiunge:
- «La crisi si manifesta come un crollo del prezzo dei titoli del debito greco: in pochi mesi, il tasso d’interesse sale alle stelle a ritmi mai visti prima, sostanzialmente per effetto di un’attività speculativa senza freni, che non sarebbe stata possibile in un mercato regolamentato, ma che è stata resa possibile da questo particolare intervento della Banca Centrale Greca.»
Dopo le interrogazioni parlamentari di Vasso Papandreou, la Banca Centrale Greca ammette di aver introdotto quei cambiamenti nell’infrastruttura di mercato, ma li giustifica come semplici questioni tecniche, velatamente presentate dal Financial Times come un “contributo involontario” alla speculazione.
Nell’aprile del 2010, la Banca di Grecia ripristina le regole originarie del mercato HDAT , introduce il divieto di vendita allo scoperto dei titoli e le penalità per chi non dà corso ad un’operazione di vendita. Ormai la Grecia è entrata nel meccanismo di sostegno, vincolandosi alle istituzioni internazionali: il primo memorandum arriva a maggio. Solo adesso la Banca Centrale Greca disinnesca la speculazione.
Fa notare De Leo:
- «Dopo che il governo Papandreou firma il memorandum, la Banca Centrale Europea (istituzione emettitrice unica dell’euro, ndr) ammette alle operazioni di rifinanziamento i titoli greci a prescindere dal rating che li caratterizza. Se lo avesse fatto prima, avrebbe indotto le banche a sottoscrivere i titoli del debito greco e ciò avrebbe costituto un argine al crollo del loro prezzo che si stava realizzando. La Banca Centrale Europea dimostra di avere il potere di fare queste cose, perché le fa: dopo il maggio 2010, vara un programma di acquisti diretti di titoli del debito pubblico sui mercati secondari e riesce a raffreddare la corsa degli spread in Europa, acquistando prevalentemente titoli greci, irlandesi e portoghesi. La Bce, coi suoi acquisti, amministra il tasso d’interesse sul debito pubblico greco in reazione a degli avvenimenti politici: un ultimo esempio? Le banche costrette a chiudere, coi greci a fare la fila ai bancomat prima del referendum del 5 Luglio 2015.»
Ottobre 2009 – aprile 2010, sei mesi decisivi: il nuovo governo di George Papandreou falsifica al rialzo i conti dello Stato, mandando in fibrillazione i mercati e favorendo la speculazione internazionale sui titoli del debito pubblico, che la Banca Centrale Greca, diretta da George Provopoulos, rende operativa e temporaneamente sistematica, deregolamentando il mercato dei titoli pubblici ellenici.
Ecco com’è arrivata la troika, ecco come il Fondo Monetario Internazionale è sbarcato per la prima volta in Europa. Adesso forse è ancora più nitido quel disegno economico, politico e geopolitico promosso da certe èlites atlantiche in sintonia coi loro omologhi europei: globalizzare il mercato secondo il Washington consensus.
Nel continente a nord di Creta, il progetto Azienda Universale è guidato dall’attuale Germania, che ne detiene i privilegi, non certo il Copyright.
La cavia, il popolo greco, non ha mai avuto scampo. È stata la vittima prescelta da spedire in laboratorio, così da innescare l’effetto domino continentale e tracciare la via: tasse in aumento, salari in picchiata, tagli alle pensioni e ai servizi pubblici.
Nella terra che fu di Socrate, Aristotele e Platone, oggi la disoccupazione dilaga al 28% , ed è al 44% fra i giovani. I beni e i servizi pubblici vanno in svendita all’asta. Esattamente come le case di quei privati cittadini che non riescono più a pagare i loro debiti.
E in pochissimi guadagnano, soldi e potere: grandi banche e multinazionali.
Dal 2009 al 2016 sono sette anni. Sette lunghissimi anni, e tre memorandum. Accordi che, secondo il grande costituzionalista Giorgos Kasimatis (anch’egli membro della Commissione parlamentare per la verità sul debito pubblico) non sono validi: “non solo perché non hanno osservato la Costituzione greca, ma neanche il diritto internazionale e di conseguenza neppure il diritto dell’Unione Europea, visto che un accordo è ritenuto valido, solo se è obbligatoriamente ratificato, quindi riconosciuto dal diritto internazionale. E ciò non è avvenuto. L’accordo di prestito del 2012 , è passato dal parlamento come un normale disegno di legge, e questa non è una ratifica. Perciò tutti gli accordi di prestito contratti e tutte le regole date, non sono giuridicamente valide. Questi accordi hanno anche un’altra invalidità sostanziale: impongono delle condizioni che violano il diritto internazionale, perché annullano la nostra sovranità.
La Grecia, in cambio dei prestiti, cede la totalità del proprio patrimonio nazionale. I memorandum obbligano il paese ad un programma di riforme che diventa l’unica politica economica attuabile; un programma che di fatto cambia i rapporti esistenti nella società. Per fare qualsiasi cosa, la Grecia deve avere il permesso di Bruxelles.”
Il virus della crisi iniettato alla Grecia nel 2009, si è propagato agli altri paesi periferici della zona euro e ha cambiato anche un certo assetto istituzionale della nostra casa comune.
Argomenta Manfredi De Leo:
- «i famosi ‘mercati’ sono in realtà le banche e dietro al comportamento delle banche, ci sono le Banche Centrali. È difficile immaginare che una crisi finanziaria di questa portata e gravità, possa essersi materializzata senza un ruolo attivo in tal senso della Banca Centrale Europea. Paesi aventi livelli di debito pubblico completamente diversi tra loro – Grecia, Portogallo, Irlanda, Italia e Spagna – hanno incontrato esattamente lo stesso tipo di problema: un aumento improvviso dei tassi d’interesse sul debito pubblico. Ciò significa, che non è tanto importante il livello di debito accumulato, quanto le condizioni a cui tale debito è contratto, ed esse dipendono in ultima istanza dall’atteggiamento dell’autorità monetaria. La Banca Centrale Europea ha ormai introdotto un principio: il suo sostegno finanziario (che garantisce la stabilità finanziaria di tutti i paesi della zona euro) è subordinato a delle direttive politiche. L’autorità monetaria europea è esplicitamente disposta a sostenere il debito pubblico di un qualsiasi paese, a patto che quel paese accetti di seguire le direttive di politica economica, che la stessa Banca Centrale Europea indica. E gli aiuti sono stati concessi solamente dopo la sottoscrizione di un memorandum. È stato molto chiaro il direttore dello European Stability Mechanism (ESM – ad oggi, il creditore principale della Grecia – ndr) Klaus Regling, in merito al grado di sostenibilità del debito greco: “dipende dalle riforme che fa la Grecia: se fa le riforme, il suo debito pubblico è sostenibile. Se non fa le riforme, non è più sostenibile”.»
Quel 2009 è ormai lontano, mentre l’ormai ex capo di governo George Papandreou tiene profittevoli conferenze in giro per il mondo impartendo lezioni di “democrazia” e l’ex governatore della Banca di Grecia George Provopoulos è a capo della Eurobank Bulgaria, il popolo greco soffre il settimo anno di austerità, tradito ancora da nuovi commercianti di speranza.
In questo piccolo grande paese di 11 milioni di abitanti, quattro milioni vivono al di sotto della soglia di povertà, tre milioni non hanno accesso al servizio di assistenza sanitaria, essendo legata ad un lavoro che hanno perduto. Un greco su sei ha un reddito di 180 euro al mese. 1.647, 703, persone vivono in estrema povertà (il 15% della popolazione). Eppure l’1% dei greci detiene il 56,1% della ricchezza. Non solo crisi, la chiamano anche globalizzazione.
È un virus che uccide, in silenzio. Per puro caso incontriamo Panagiotis, è molto scosso, e ha voglia di sfogarsi:
- «Oggi ho perso un amico di infanzia, un arresto cardiaco se l’è portato via. Non fumava, non beveva, non era sovrappeso. Lo stress non manifestato è quello peggiore , ci sta uccidendo. Noi quarantenni siamo la categoria più a rischio: siamo la generazione col massimo dell’esperienza lavorativa e con l’energia necessaria per lavorare tanto. Invece ci ritroviamo a sentirci troppo vecchi ed inutili, solo perché la società ci fa sentire così. Ma c’è chi ha voglia di non dargliela vinta e di reagire.»
Per Panagiotis, docente precario di lingua italiana presso una scuola privata di Atene, i greci che vogliono imparare l’italiano si dividono in due categorie:
- «la prima, è quella di adulti che cercano di avere più strumenti per affrontare il mercato del lavoro, perché apprendere una terza lingua potrebbe essergli molto utile. Potrebbe. Alcuni di loro partono per le isole: per sei, sette mesi lavorano a condizioni atroci senza un giorno di riposo per l’intera stagione turistica, competendo con gli stranieri dell’est.
La seconda categoria di studenti adulti è quella che ha voglia di imparare: per loro stessi, per sentirsi meno stupidi ed inutili, per mettersi alla prova. Tutti, ma proprio tutti si sentono stupidi e me lo dicono chiaramente. Ma non lo sono affatto.»
Mentre più del 95% delle risorse destinate a “salvare la Grecia” sono finite in tasca alle banche nazionali ed internazionali, ormai il Continente a nord di Creta, è solo un gigantesco mercato abitato da milioni e milioni di numeri, un tempo Persone. Europa, la principessa fenicia amata e venerata da Zeus, è ridotta a banda olografica su banconote di una valuta privata.
“La Grecia è il miglior esempio: ciò che ha deciso e implementato, è il miglior segnale che l’euro, come mezzo di trasformazione strutturale, sta ottenendo”. Scrive Mario Monti (ex international advisor di Goldman Sachs, ex Commissario europeo ed ex premier italiano) sul Financial Times.
Ecco perché il laboratorio Grecia, ecco perché la nostra “crisi”. I popoli europei non possono essere colpevoli di queste scelte d’élite, di queste gigantesche opere di ingegneria sociale. I popoli sono vittime di un sistema. Per trovare riscatto collettivo, dobbiamo prima prenderne coscienza.
E pensare che quando uno Stato emette, controlla e spende la propria moneta, indebitandosi con la propria banca centrale pubblica, cioè con se stesso nella propria valuta, non ha alcunché da temere. Sarebbe uno Stato vaccinato contro il virus neoliberista della crisi, e in grado di compiere scelte indipendenti, democratiche e nazionali, secondo i bisogni e le volontà del proprio popolo.
Jacopo Brogi
(Per le traduzioni hanno collaborato: Nicoletta Katerina Fatsea, Constantin Xekalos)
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“LABORATORIO GRECIA” è un documentario indipendente in uscita nella primavera 2017.
Un viaggio che attraversa la Storia greca passata e recente, dalla guerra fredda al processo di integrazione europeo fino all’attuale crisi economica e finanziaria. Un documentario di Storia e di tante storie: vita quotidiana nell’epicentro del neoliberismo applicato, primo paese occidentale dove la povertà viene imposta grazie al vincolo esterno.
In cammino fra le generazioni, per abbandonare l’eterno presente ed inventare un Futuro dalle misure umane.
L’opera è interamente autofinanziata. “LABORATORIO GRECIA” sarà pubblicato e reso disponibile gratuitamente, innanzitutto sul web (http://voxpopuli.xyz/documentario-crisi-grecia/). Info: greecelab@gmail.com