SI È SPENTO LUCIANO GALLINO, LUCIDO PROFETA DEL NOSTRO TEMPO

Il professor Luciano Gallino è morto domenica 10 novembre 2015 nella sua Torino. Aveva 88 anni ed era tra i massimi sociologi italiani. Mente brillantemente intuitiva e acutamente sottile, dotato di una rigorosa capacità di analisi dei fenomeni sociali, sino agli ultimi giorni Luciano Gallino aveva proseguito la sua attività di studio e ricerca scrivendo e rilasciando interviste.

Per più di cinquant’anni il professor Gallino si era dedicato a esaminare i problemi del mondo del lavoro, con particolare attenzione sia alla difesa dei più deboli, sia ai rischi che le persone si trovano ad affrontare nell’era moderna, inclusi la mercificazione dell’essere umano e la precarizzazione del lavoro in una società intrinsecamente fragile com’è quella attuale.

L’impegno a riaffermare la dignità del lavoro lo aveva portato, negli ultimi anni, a spostarsi su posizioni sempre più critiche nei confronti del sistema economico contemporaneo, da lui definito finanzcapitalismo. Il ritorno a un’economia, che sia slegata da logiche di mera rapacità finanziaria e in cui il diritto al lavoro e la dignità umana prevalgano, sono temi che il professor Gallino aveva posto al centro del suo pensiero.

A questo proposito Luciano Gallino, prendendo a modello il New Deal promosso dal presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt negli anni trenta del ventesimo secolo, nella breve intervista riportata di seguito e risalente al 2013 aveva rivolto l’attenzione sul ruolo che lo Stato può svolgere al fine di contrastare il fenomeno della disoccupazione. Se studiare la storia significa divenire profeti del passato, il professor Gallino ha saputo prendere spunto dalle lezioni – che l’esperienza storica ci offre – per mostrare che il cammino verso la prosperità non passa dalla rassegnata adesione alle politiche di austerità, bensì che gli odierni problemi reali del Paese si possono risolvere solo attraverso una decisa azione da parte della mano pubblica così come gli USA sperimentarono con il New Deal. Forse la più grande lezione che Luciano Gallino ha saputo darci consiste nell’averci dimostrato che a volte, per essere lungimiranti, è necessario rivedere il passato e apprendere da esso in quale modo sia possibile costruire il futuro che vorremmo realizzare.

LUCIANO GALLINO. IL NEW DEAL E LA CREAZIONE DI POSTI DI LAVORO

«Il punto più interessante, da tenere maggiormente presente, è che il New Deal ha voluto soprattutto dire: lo Stato che s’impegna a creare direttamente occupazione.

Con molti problemi, con molti difetti, con tutta una serie di critiche che si possono fare, come capacità di creare occupazione il New Deal ebbe però notevole successo in molti campi. In quei campi che – non è un caso – anche nel nostro Paese sono quelli che meriterebbero attenzione. Nel corso del New Deal, tra il 1933 e il 1937 (quando poi i programmi principali furono per lo più ridimensionati o abbandonati), furono riparati migliaia di ponti, furono tracciate centinaia di migliaia di chilometri di strade, chiamiamole campestri. Strade che prima non c’erano e che attraversavano le sterminate campagne degli Stati Uniti. Noi non abbiamo bisogno di quello, però le nostre strade certamente avrebbero […] bisogno di varie forme di manutenzione.

Durante il New Deal furono piantati, sopratutto da parte di un programma apposito per la riforestazione, […] qualcosa come un miliardo di alberi. Furono costruite e ricostruite decine di migliaia di scuole. Decine di migliaia di edifici pubblici, o d’interesse pubblico, furono ristrutturati o ricostruiti. C’erano enormi bisogni e lo Stato, invece di dare qualche incentivo a qualche impresa affinché si occupasse di ristrutturare le scuole, decise: “bene, le scuole le ristrutturiamo noi, gli alberi li piantiamo direttamente”, e in alcuni mesi […] furono assunti milioni di persone. Circa dodici milioni nell’arco di tutto il programma.»